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Storia [liberamente tratta dal sito wikipedia]
La Harley-Davidson WLA "Liberator", è stata prodotta dall'azienda americana Harley Davidson per essere impiegata dall'esercito degli Stati Uniti durante il secondo conflitto mondiale.
Venne realizzata sotto la diretta supervisione di William Harley con il preciso scopo di vincere la concorrenza della Indian, nelle forniture all'esercito.
Venne utilizzata anche dall'esercito canadese nella versione WLC e dall'Armata Rossa a cui ne furono forniti 30 000 esemplari dei circa 78 000 prodotti nell'ambito del progetto affitti e prestiti.
La versione WL "A" è quella utilizzata dall'esercito americano ("A" sta per Army) e si differenzia in pochi particolari dalla WL "C" canadese, come frizione anche a mano e ruote intercambiabili.
Motocicletta molto versatile e relativa semplicità di manutenzione, sin dalla sua uscita, avendo acquisito sufficienti doti di affidabilità, venne subito impiegata nelle forze armate dei vari paesi vista l'economicità e la praticità d'uso; fu usata come staffetta, mezzo da ricognizione e d'incursione.
Nonostante negli Stati Uniti si producessero sia Harley-Davidson che Indian, la casa di Milwaukeee, col passare del tempo, vincerà la concorrenza della Indian e diverrà la fornitrice privilegiata delle forze armate statunitensi grazie alla WLA.
La WLA deriva da un modello civile del 1937, il primo equipaggiato con il motore Flathead a valvole laterali; chiaramente, essendo prodotta per scopi militari, la WLA si differenziava dalla versione civile per alcuni particolari.
Innanzitutto, per evitare riflessi indesiderati, venne eliminata ogni cromatura e si adottò la tipica verniciatura "olive drab" dell'esercito.
Vennero poi adottati numerosi accessori: paragambe, portapacchi posteriore "heavy duty", borse laterali, cassetta delle munizioni per il mitra Thompson alloggiato in un'apposita custodia.
I parafanghi di serie furono sostituiti per garantire un adeguato scarico di fango in fuoristrada. Sotto al motore era collocata una piastra protettiva di protezione.
Il faro, venne abbassato e collocato subito sopra il parafango anteriore.
Telaio, manubrio e portapacchi vennero adeguatamente rinforzati e cambiò anche la foggia del filtro a bagno d'olio, non più cilindrico ma rettangolare e in posizione rialzata per permettere alla moto di traversare piccoli guadi.
Il serbatoio fu diviso in due: a destra contiene 3,5 kg di olio mentre a sinistra 11 litri di benzina, da qui la presenza di due spie per l’individuazione sul serbatoio.
Particolarità della WLA è il meccanismo del cambio: la frizione è infatti a bilanciere sulla sinistra: premendo il pedale anteriore si innesta la frizione mentre premendo quello posteriore la disinnesta e si può cambiare marcia con la leva posta sulla sinistra del serbatoio.
Il motore era il Flathead da 740 cc (45 pollici cubici) a valvole laterali con teste in lega leggera e cilindri in ghisa.
Semplice da mantenere, affidabile e molto elastico, permetteva infatti di viaggiare ad andature molto basse in presa diretta riprendendo senza strappi fino alla velocità massima consentita (110 km/h).
Nonostante questo motore consumasse pochissimo (circa 1 litro ogni 15 km) era troppo poco potente cosicché sul finire della guerra venne sostituito da un più potente 1.200 cc.
Il kit
L’Harley-Davidson prodotto nel 1990 per il Gi Joe, dalla casa Hasbro, era ben lungi dal rappresentare quanto di realistico c’era nel mezzo dell’US ARMY nel 1942, per cui ho deciso di renderlo modellisticamente accettabile.
Per prima cosa ho collegato con del vecchio filo elettrico (quello formato dal tondino di rame rivestito di plastica – della sezione opportuna), più o meno “pelato“ a seconda dell’esigenza, le varie fanalerie posteriori ed anteriore; diversamente ho collegato i morsetti della sirena, ottenuti con della lamierina di alluminio, ma dividendo il filo della matassa per legare gli arrosti, in carta, a cinque capi, estrapolandone soltanto due.
La sirena, che nel modello Hasbro originale era incassata come un pugile alle corde sul ring, l’ho staccata e resa con la schiena bombata, grazie ad un intruglio di polvere di segatura ed attak, regolarmente modellata con la carta vetrata, per poi applicare la schiena stessa alla barretta di plastica ottenuta smembrando una di quelle confezioni di cacciavitini di serie modello “ottico“ che si comprano sui banchetti dei russi o dei cinesi.
Il contachilometri, originariamente sintetizzato da un adesivo circolare, sovrastante il suo alloggiamento, è stato scavato per permettere la tridimensionalità dell’accessorio, incassandolo all’interno e sovrapponendogli una nuova mascherina con gli inserti per il numero dei chilometri totali e parziali; la lancetta è una scheggia di legno modellata a misura, mentre il vetro di chiusura è il coperchio della scatolina per i cacciavitini già menzionata.
La corona di sigillatura è l’orlo in plastica di quelle ampolle per fioristi che servono a contenere l’acqua del fiore quel tanto che basta per nutrirlo fino a destinazione; non ho risparmiato neppure l’istallazione di un pernetto laterale quale azzeratore del contachilometri parziale, completo della sua mascherina.
Praticamente ogni viteria è data dalle capocchie di spillo regolarmente recise ed incollate con l’attak.
Per la colorazione metallica ho steso una prima mano con la miscela di argento e nero opaco (più o meno l’uno dell’altro a seconda delle parti da evidenziare) passandola, una volta asciutta, con i polpastrelli per pareggiare eventuali bolle od imperfezioni; indi una passata di olive drab, poplpastrellato, a sua volta, e mano finale di ruggine data da marrone opaco diluito q. b..
Le fascette del tubo per il filtro laterale dell’olio sono state realizzate con il solito lamierino di alluminio e sigillate con il famoso spillino inserito alla base, previo un distanziatore interposto tra la coincidenza sottostante delle linguette.
Infine, la parte che più mi ha affascinato: la sporca tura del fango su tutto il veicolo, senza risparmiare neanche il mio MP driver; i blocchi di fango sparsi qua e là nella parte bassa della moto sono stati realizzati con la polvere di segatura e/o sabbia di mare Adriatico.
Il color sabbia opaco è stato prima spennellato con una certa quantità di acqua (rapporto 1 a 3) e poi dato, dove serviva, interamente senza correzione.
Il foulard dell’MP è stato ottenuto da un taglio di fodera in raso, diligentemente annegato in una soluzione di acqua e colla vinilica, per poi essere steso aderente al collo del mio MP.