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Negli anni 70 la tecnologia permise la realizzazione di piccole barche in grado di fare crociere d’altura a basso costo.
Da allora questa classe di scafi non più lunghe di 6.5m è divenuta l’arena di sperimentazione tecnologica per le barche a vela.
Tante innovazioni sono poi state riportate sulle barche più grandi, dalla deriva mobile e zavorrata, alla doppia pala del timone, albero in carbonio, deriva basculante, forte curvatura sulla randa, uso dei pannelli solari ecc. ecc.
Questa progressione tecnologica è dovuta al fatto che sono barche per navigare in solitaria e quindi: tutto ciò che aiuta...
La gara internazionale per eccellenza è la MINI-TRANSAT che prevede l’attraversamento dell’atlantico dalla Francia al Brasile in solitario; è quindi un ottima scuola per i grandi velisti del mondo.
L’ispirazione per questo soggetto mi è venuta leggendo un’enciclopedia sulle barche dove descrivevano questa classe.
Subito mi è balenata l’idea di riprodurre, ancora una volta, qualcosa di originale che si veda raramente nelle mostre modellistiche.
Inoltre c’è il grande fascino della vela e del suo eroe solitario in balia dell’Oceano... e del vento.
La piccola dimensione dello scafo mi ha tentato alla riproduzione in scala 1/35 ma poi ho optato per l’1/48 a causa della comunque grande superficie velica e dell’ormai poco spazio nelle mie vetrinette!
Non ho comunque disdegnato di creare la mia storia che descrive il nostro provetto marinaio salire sull’albero a salutare l’orizzonte mentre un delfino atlantico lo accompagna saltando festoso.
La costruzione
Come al solito sperimento materiali inconsueti.
Questa volta lo scafo della barca lo realizzo col materiale dei pannelli isolanti (poliuretano).
È un ottimo prodotto che si carteggia rapidamente per creare volumi: con il cutter ho sagomato velocemente i volumi dello scafo e della cabina basandomi sui disegni ed una piantina in scala della barca.
Successivamente rifinisco con carta abrasiva.
L’idea è quella di usare questo ‘master’ per creare un Vacuuom form in plasticard e rinforzarlo poi internamente.
Ho realizzato la chiglia in ottone affichè non si deformi durante le lavorazioni.
Prima di metterlo a contatto col calore deformante del foglio di plasticard riscaldato ho rivestito tutto lo scafo con uno strato isolante di DAS steso sul Vinavil.
Lo stucco classico del modellismo ‘mangia’ il poliuretano e non va bene.
Dopo vari tentativi non sono però riuscito a fare un buono stampo.
L’allargamento della griglia di aspirazione ha causato un minor potere dell’aria dell’aspirapolvere che ho usato la quale non ha ripreso bene il sottosquadro del modello.
Ho deciso quindi di tenere le parti di plasticard venute bene incollandole al poliuretano.
Nella barca ritaglio velocemente il pozzetto di poppa.
Col provvidenziale MILLPUT copro tutto...
... e preparo delle sagome in plasticard per rivestire il pavimento e i bordi del pozzetto...
... da raccordare anch’esse con lo stucco bicomponente.
Più mani di stucco e carteggiature attente hanno rifinito alla meglio i tre materiali.
Con due mani di smalto Humbrol uniformo il tutto dopo aver aggiunto i rilievi di bordo sul ponte.
La facciata della cabina comprensiva della porta la tengo separata per una migliore colorazione ed inserimento successivo.
Con uno schema pittorico di fantasia e decal di recupero ‘vesto’ l’imbarcazione.
Di solito il numero della barca è la prima scritta a prua.
Io non ho resistito alla tentazione di metterci un’ancora ‘stilizzata’ dove solitamente stanno quelle delle navi grosse.
Ho immaginato che il velista sia un ex della Marina francese, da qui lo scafo grigio militare e il disegno dell’ancora (è quello dell’Aeronavale).
Il nome della barca è MARIE , ovvero la decal MARINE senza la N, Comunque compare anche la sagoma di una donna sia a prua che a ‘poppÈ Ah ah!
Gli oblò li creo con decal nera lucida e cornice in filo di stagno appiattito.
Aggiungo la parete della cabina e le maniglie della porta con sagome di cartoncino nero lucidato.
A questo punto comincia la vestizione dello scafo con tutta l’atrezzatura che ho dovuto imparare a conoscere sia come termini che forme che funzione.
È stata una fase molto interessante perché rivaluta il nostro hobby come stimolatore di conoscenza.
Di barche non ne sapevo praticamente niente ed ora posso esibire frasi tipo ‘l’AMANTIGLIO DEL BOMA’... sapendo di cosa si tratta!
Il primo elemento da inserire è senza dubbio l’albero che io ho realizzato con strip di plasticard incidendogli facilmente una scanalatura che serve per lo scorrimento della vela principale detta RANDA.
A conti fatti dovevo realizzarlo in metallo perché oscilla sempre troppo.
Lavorando il lamierino d’ottone ho realizzato le crocette inserendole con tagli nell’albero e bloccandole con l’Attack e talco carteggiando poi il tutto.
Il palo di prua detto BOMPRESSO è un tubicino EVERGREEN cavo con una graffetta che si inserisce nello scafo.
BALCONE, CANDELIERI e PULPITO sono, da prua a poppa, i sostegni cromati (graffette) delle DRAGLIE che insieme formano la ‘ringhiera’ della barca per impedire al marinaio di cadere in acqua.
Per inserirli nello scafo (in poliuretano) pratico un foro che saturo di MILLIPUT in modo che quando si inserisce la graffetta quest’ultimo si espande ed indurisce creando maggior stabilità.
Col minitrapano tornisco un pezzo di sprue e creo il WINCH, ovvero un cilindro su cui avvolgere e quindi tendere (cazzare) le corde tramite una manovella asportabile.
I tre winch sono posizionati a portata di mano in testa alla cabina ed ai lati dove confluiscono tutte le manovre.
Con fette di tondino di plasticard e dischetti ricavati con i punzoni creo I bozzelli dove passano le corde.
Altri strumenti importanti sono gli STOPPER, che bloccano le corde e che ho creato sagomando blocchetti di resina.
Le corde sono in filo elastico ESSEBIEMME .Purtroppo non hanno sezione tonda e si nota. Il loro grande vantaggio è l’elasticità che permette di seguire l’oscillazione dell’albero e quindi non si staccano.
Con filo di stagno da 3/10 ho invece simulato i terminali delle corde che ‘appoggiano’ sulla barca restituendo loro la sezione tonda ed un convincente effetto peso.
Ho avvolto un pò di stagno anche nei MASCONI (tasche porta-corde) per modellarli meglio col MILLIPUT.
Quelli della cabina li ho modellati su nastro da carrozziere per avere la giusta superficie d’appoggio.
Con plasticard ho fatto i timoni e la strumentazione.
FOREX, MILLIPUT e ottone sono i materiali usati per sagomare il delfino.
Nella mia ricerca dei 650 mi sono imbattuto in una foto di una bella vela trasparente (dovrebbe essere un GENNAKER = GENOA+SPINNAKER) che mi sfidava a riprodurla.
Ho usato quindi un foglio di acetato trasparente e l’ho scaldato per dargli una forma curva. Poi ho preso un filo d’acciaio armonico (corda di chitarra acustica) e l’ho attaccato all’acetato con un adesivo bianco ad alto potere adesivo.
I due terminali, in acciaio, andranno quindi ad inserirsi nei fori che ho fatto sulla punta del bompresso e in testa d’albero.
Con nastro adesivo nero da elettricista tagliato fine ho creato le trame di rinforzo presenti su questo tipo di vela.
Forse non ho fatto un lavoro perfetto ma l’idea che trasmette è abbastanza fedele ed affascinante.
Il FIOCCO (la piccola vela davanti all’albero) l’ho ammainato affinché non prenda il vento al gennaker.
Ho creato degli anellini di stagno per far scorrere il fiocco sullo STRALLO che è il cavo che va dalla testa d’albero alla prua.
Quest’ultimo l’ho realizzato con filo da pesca da 3/10.
La RANDA mi ha costretto a fare tanti esperimenti. Oggigiorno ci sono i più svariati materiali e colorazioni per realizzarla.
Dopo varie stampate ho deciso che doveva essere la classica vela bianca.
In mezzo al mare; però sono riuscito a dare una sfumatura alla superfice oltre che a ‘disegnare‘ le varie cuciture e trame.
Per realizzarla ho stampato il disegno su un foglio A4 di grammatura leggera e l’ho speculato in modo che ripiegandolo ed incollandolo col VINAVIL contenga al suo interno le stecche di rinforzo (filo di stagno da 5/10) e la finestrella fatta con il trasparente sottilissimo delle buste dove si legge l’indirizzo.
Per ultimo completo la vela creando gli occhielli con alluminio adesivo e punzoni.
Incollata la randa nella scanalatura dell’albero bisogna ‘solo’ armare la barca Con i cavi di sostegno dell’albero (SARTIE, STRALLO e PATERAZZO) e tutte le manovre delle vele e del BOMA che è l’albero orizzontale che manovra la randa.
Dopo aver realizzato la barra del timone, ho aggiunto il salvagente, i pannelli solari e la bandiera francese come giusto omaggio a coloro che sono tra i migliori progettisti, velisti e fruitori di questo sport.
Il marinaio l’ho realizzato modificando una copia in resina di un mio figurino autocostruito.
Conclusioni
Pur non avendo le vele un aspetto realistico ai massimi livelli ritengo di aver trasmesso con questa scena un’idea di libertà come solo la barca a vela può dare.
È quindi un lavoro di contenuto più che di forma.
Da parte mia ho sperimentato nuovi materiali e soluzioni oltre ad aver imparato qualcosa di questo affascinante mondo velico.