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La scorsa estate, dopo aver finito il FW 190 D9 1 nero in 1/32, già pubblicato su queste pagine, ho deciso di rilassarmi un po’ con qualche cosa di diverso e certamente meno impegnativo.
Un mio collega, non modellista, ma appassionato di cose navali, mi ha levato l’onere di dover scegliere cosa realizzare.
Mi ha infatti chiesto di costruirgli un SLC.
La cosa ha immediatamente suscitato il mio interesse, e così mi sono procurato non uno, ma bensì due SLC Italeri e, tanto per non sbagliare, anche un MTM della stessa casa.
Non sono un esperto di questo genere di mezzi e, come ho già detto, non mi sono documentato molto, però è mio modesto parere che siano dei buoni modelli, abbastanza completi, solo la sella d’appoggio del maiale è un po’ misera, mentre il barchino offre qualche margine di miglioramento, vi confesso che, per un attimo, ho pensato di autocostruirmi il motore e lasciare il relativo vano aperto, ma lo scopo era rilassarsi, niente autocostruzioni, niente ricerca di documentazione, solo l’aggiunta di qualche piccolo particolare rilevato dal libretto che Italeri ha pensato bene di allegare alla scatole.
Inizialmente avevo pensato anche di non ambientare i soggetti ma di collocarli su una semplice basetta in legno con la classica targhetta di ottone stile citofono.
Ma poi, costruendo anche soggetti navali, ho deciso di sperimentare la creazione di piccoli specchi d’acqua in resina, un’esperienza del tutto nuova per me.
Per chiarezza ho descritto prima la realizzazione dei diorami e poi quella di mezzi e figurini.
Nella realtà le cose sono andate avanti senza uno ordine preciso, a seconda del tempo a disposizione e dell’umore del momento stuccavo, colavo resina, pennellavo volti, aerografavo mezzi ecc...
Una nota riguardo le foto, sono state scattate in due in due momenti diversi, quelle con i colori più tenui, all’aperto, con luce naturale, verso sera; quelle con colori più brillanti al chiuso con illuminazione artificiale.
Fotografare non mi appassiona per niente, per cui ho settato la mia Cannon 540 da 6 o 8 mega pixel non me lo ricordo, in automatico, massima risoluzione, modalità macro e via
Diorami
Mi sono procurato tre cornici Ikea identiche, ho creato un rialzino con listelli di tiglio a sezione quadrata da 8 mm. Un filo di colla vinilica all’interno della cornice ha sigillato il tutto.
Una mano di impregnante noce chiaro ha concluso la preparazione della basetta.
Ho cominciato ad abbozzare i volumi per il molo del primo SLC, sono partito da una lastra di polistirolo per imballaggi e, a mano libera, ho tagliato, ridotto reincollato senza seguire uno schema preciso, fino a quando ho ottenuto un’abbozzo di molo, con relativa scala incassata, che mi sembrava appropriato per forma e ingombri.
Il diorama del 2º SLC appena abbozzato
A questo punto avrete capito che non ho pensato di riprodurre alcunché di realmente esistito e magari documentato fotograficamente, ma semplicemente qualche cosa di plausibile.
Poiché non volevo pensare troppo, ho deciso di realizzare il molo del secondo SLC uguale al primo, ma forse ho spento il cervello troppo presto, perché il secondo mi è si venuto si uguale, ma speculare,con la destra e la sinistra invertite, poco male.
Per l’MTM invece, ho improvvisato una forma diversa, più semplice, niente scala ricavata nella pietra, solo l’angolo di un molo.
Dopo aver incollato i tre blocchi di polistirolo sulle relative basette, ho cominciato a riprodurre le pietre.
Ho usato dei sottili fogli di DAS grigio, tirati con il mattarello per dolci rivestito in pellicola trasparente per alimenti (non ditelo a mia moglie) e incollati sul polistirolo con la colla vinilica.
Io preferisco fare l’incisione delle fughe tra le pietre quando il DAS è ancora fresco, per due motivi ben precisi: il primo è che le singole pietre prendono un aspetto leggermente arrotondato sui bordi; il secondo è che poi riesco a testurizzarle con un vecchio pennello a setole dure, usato di punta, facendogli pigliare un aspetto “corroso” che ben si presta a ricevere i lavaggi ad olio.
Lo svantaggio principale consiste nel fatto che il DAS asciuga abbastanza rapidamente, per cui bisogna lavorare velocemente, bagnando di tanto in tanto le superfici non ancora rifinite con acqua.
In questa fase bisogna anche imprimere una leggerissima, e dico leggerissima, impronta con le selle dei mezzi, accessori quali bidoni e taniche, figurini ed eventuali crest (per due dei diorami ho usato la riproduzione dello scudetto metallico della X Mas) per non farli sembrare flottanti, ma ben poggiati sul pavimento.
Diorama rivestito in Das, pietre già incise e primi accessori applicati
Finito il rivestimento mi sono accorto che il molo dell’MTM aveva una forma un po’ troppo semplice, poco tridimensionale, per movimentarne un po’ l’aspetto ho realizzato quello che dovrebbe essere uno scivolo di alaggio per piccole imbarcazioni.
Prima che asciugasse ho impresso le impronte delle assicelle di legno antiscivolo che spesso si vedono sulle rampe di alaggio, sempre coperte da un insidiosissimo strato di alghe verdi; credetemi, non lo dico perche l’ho letto su qualche libro dedicato alla X MAS, l’ho sperimentato personalmente alando il gommone, il mio di dietro se lo ricorda bene.
Il diorama del barchino prima della colorazione
A questo punto i moli sono stati pitturati con comuni colori in bomboletta dalla finitura lucida.
Ho usato un grigio chiaro per due di essi, e un giallo ocra per il terzo.
Sistema veloce ed economico, ma su questi tipi di vernici, i lavaggi a olio che uso per dare sfumature diverse alle pietre, non aggrappano per niente.
Tornando indietro avrei forse potuto rimediare dando una leggera mano di opaco Gunze sopra i colori in bomboletta.
La prossima volta mi affiderò ai soliti acrilici Tamyia.
Come dicevo prima, le pietre sono state velate singolarmente con colori a olio diluitissimi, ho usato il verde oliva, il grigio chiaro, l’ocra e due diverse tonalità di marrone, mentre il terra di Kassel ha evidenziatole fughe.
Diverse tonalità di verde sono state utilizzate per simulare le alghe che ricoprono la parte “umida”
I moli sono stati accessoriati con anelli realizzati in filo di ottone da 0,4mm, catenelle per modellismo navale, bitte di ormeggio in balsa e tondino in plastica recuperato da qualche giocattolo dei mie figli, e una scaletta metallica, fatta con parti in filo d’ottone assemblate con la colla cianoacrilica.
Tutte queste parti sono state colorate a pennello con primer Humbrol, nero a olio ricoperto, quando ancora fresco, con polvere di gessetti da artista di diverse tonalità marroni rossicce.
A questo punto è arrivato il momento di riprodurre l’acqua.
Ho dipinto il fondo con un blu scurissimo miscelato con del verde, ho incollato i due operatori con i piedi a mollo e poi sono passato alle colate di resina, utilizzando della comune resina epossidica comprata in drogheria e facendone 4, di 2-3 mm di spessore ognuna, aggiungendo poche gocce di smalto Humbrol blue-verdastro, in quantità decrescente fino all’ultima, che è stata effettuata senza colore.
Alle varie colate di resina ho anche miscelato dei corti pezzetti di canapa da idraulico colorata di nero, verde e marrone scuro per simulare la posidonia che spesso, dopo le mareggiate, si trova in sospensione in mare e a volte invade i porticcioli.
Nei tre diorami ho voluto provare a simulare diversi aspetti della superficie dell’acqua, liscia nel caso del primo maiale...
... leggermente mossa nel caso del secondo maiale...
... e piccole onde per il barchino.
Per la superficie licia non vi sono state difficoltà, è stato sufficiente far cadere il diorama di piatto da un centimetro di altezza e la resina si è livellata perfettamente, in più ho scoperto che questo trattamento fa venire a galla le bollicine d’aria facilitandone l’eliminazione.
Qualche difficoltà in più l’ho avuta per le due superfici increspate.
Ho cominciato a modellare la resina con un cucchiaino da caffè inumidito nel detersivo per piatti, ma con mio grande disappunto, dopo pochi minuti la resina si livellava nuovamente.
Ho dovuto riprovare fino a quando la resina non era sufficientemente catalizzata da mantenere la forma impressagli.
Una volta asciutta ho constatato che, non so se a causa del sapone per piatti o delle lavorazioni col cucchiaino, la superficie aveva perso la sua brillantezza diventando satinata.
La cosa più ovvia per porre rimedio mi è sembrata quella di pitturare, a pennello, tutta la superficie, usando come colore la resina stessa; dopo un primo momento di soddisfazione il panico: la resina non aderiva alla superficie e lentamente ma inesorabilmente colava nei cavi d’onda fino quasi a riempirli.
Per porre rimedio ho cercato di asportarne col pennello quanta più possibile e tirare la rimanente.
Un miglioramento c’è stato, ma non ero del tutto soddisfatto, e così, una volta asciutta la resina, ho pennellato un velo di Erdal Glazer, l’equivalente tedesco della mitica cera per pavimenti Future, con ulteriore miglioramento della brillantezza.
Non ho osato andare oltre improvvisando rimedi.
Onestamente pensavo di ottenere degli effetti più realistici, alla fine nessuno dei tre specchi d’acqua riprodotti mi soddisfa pienamente, un piccolo studio di come sono le increspature e le piccole onde nei porticcioli mi avrebbe permesso di fare meglio.
Comunque lo scopo ere quello di avere un primo approccio con delle tecniche e dei materiali per me nuovi, penso di aver imparato molto e la prossima volta, sicuramente non farò gli stessi sbagli (probabilmente ne farò di nuovi).
Qualche bidone di carburante, delle boe autocostruite con il Milliput, degli ancorotti in filo di ottone (forse troppo fine in rapporto alle dimensioni delle ancore stesse) hanno completato i diorami.
Un’ultima nota riguarda i teli mimetici, sono stati realizzati anch’essi in Milliput, l’ho tirato finissimo, come fosse la sfoglia di un dolce, vi ho inciso sopra bordi, asole di bottoni e cuciture.
E’ stato posato ancora fresco incollandolo con qualche punto di cianoacrilato.
Asciugandosi però si è ritirato e, nel caso di quello più grande, steso sopra il barchino, il lembo che arrivava a terra si è sollevato di un paio di millimetri.
Cercando di forzarlo verso i basso si è formata una crepa.
Incollato con il cianoacriato è stato nuovamente tirato in basso, ma per non forzarlo troppo, non sono riuscito a far coincidere le pieghe impresse ne tessuto,peraltro troppo nette, alle fughe tra le pietre dove avrebbe dovuto adagiarsi, fortunatamente il tutto si trova dietro al barchino, in una posizione poco visibile ad un osservatore che lo guarda di fronte, per cui ho deciso di lasciare il tutto così com’era.
Il brutto effetto delle pieghe non allineate con le fughe delle pietre
Il quadro strumenti del pilota e i fori sulla parte superiore dello scudo
Qualche difficoltà l’ho incontrata nel sagomare la gabbia fotoincisa di protezione delle eliche.
Unica parte non fissata prima della colorazione è stato lo scudo di protezione del pilota.
Per effettuare la colorazione e l’invecchiamento sono partito dall’ipotesi che si trattava di un mezzo da addestramento, quindi sottoposto ad uso intenso, con molti graffi e scrostature dovute ai continui vari ed alaggi a mezzo gru e relative catene di sospensione, agli urti sul fondale roccioso, alle reti parasiluri e agli utensili degli operatori.
Per contro la vernice non doveva essere molto sbiadita, perché il mezzo, terminato l’addestramento veniva alato, sciacquato con acqua dolce e ricoverato in un’officina di manutenzione al chiuso sottraendolo all’effetto sbiadente del sole e della salsedine.
Per la verniciatura, rapidissima, mi sono affidato ai soliti acrilici Tamyia, una mano di Nato Black, una di Black Green e per finire Olive Drab.
Un leggerissimo e veloce drybrush con lo Slate Gray Humbrole servito a far risaltare i dettagli in rilievo
Non altrettanto rapido è stato pitturare a pennello le scrostature con acrilici Vallejo, la tecnica è quella mutuata dai “carristi”, prima si dipinge la scrostatura con il colore scuro, poi lo si rifila solo da un lato, di solito in basso, con il colore più chiaro.
Poiché nel caso del maiale il colore di fondo è molto scuro, sono stato costretto a fare il contrario: scrostatura più ampia in verde chiaro, rifilata superiormente in nero.
Con il terra di Siena bruciata, partendo proprio da alcune delle scrostature, ho creato le colature di ruggine.
Preferisco fare questa operazione su un fondo opaco, sul quale i colori ad olio non scivolino via troppo facilmente.
Da notare che nelle foto molto ravvicinate, effettuate in modalità macro, i graffi sembrano esagerati in dimensione e quantità, ma se le riducete alle dimensioni naturali sono appena apprezzabili.
Non ho usato alcun tipo di vernice lucida, ma, dopo aver atteso una settimana che le colature fossero asciutte, ho eseguito dei lavaggi selettivi con colori a olio terra di Cassel, terra di Siena bruciata e ocra negli interstizi in cui presumibilmente si formava la ruggine.
Una leggera passata con matita dalla mina morbida, nei punti i cui si può ipotizzare che, uno sfregamento più frequente asporti la vernice e tenda a lucidare il metallo sottostante, ha terminato l’invecchiamento ed il modello nel complesso.
SLC terminato e fotografato la sera con luce naturale
SLC terminato e fotografato con luce artificiale
MTM (Motoscafi da Turismo Modificati)
Poco da dire anche per il barchino, nessuna difficoltà ad assemblarlo da scatola, uniche aggiunte una paratia che separa il vano motore dal vano carica bellica, presente sull’esemplare riprodotto da Italeri nel prospetto allegato al modello e fotografato, credo, al museo Navale di Venezia, e alcuni cavi che, presumo, facessero parte del sistema di innesco delle cariche secondarie, per l’affondamento del mezzo a impatto avvenuto, contro l’obbiettivo.
Barchino in costruzione
Pochi i dettagli pitturati prima dell’assemblaggio, fra questi la carica principale ed il suo vano, il pannello strumenti del pilota e il gruppo trasmissione del piede motore all’interno del vano di pilotaggio stesso.
Come per il maiale, ho anche in questo caso ipotizzato si trattasse di un mezzo usurato per il continuo impiego a supporto dell’addestramento, si può inoltre ragionevolmente ipotizzare che, poiché meno bisognoso di manutenzione del maiale e di facile rifornimento a mezzo delle classiche taniche da 20 litri, fosse spesso lasciato ormeggiato ad un molo, sottoposto alle intemperie.
Osservando alcuni pescherecci in alto Adriatico ho inoltre notato che, pur essendo di costruzione lignea, presentano innumerevoli colature di ruggine sulle murate, sono le teste dei chiodi che fissano il fasciame alle ordinate.
Con il tempo, il lavorare del legno, l’impatto con le onde, la vernice salta via ed i chiodi arrugginiscono, generando le vistose colature di cui sopra.
Ho voluto riprodurre questo fenomeno anche sul mio barchino.
Sono partito pitturando velocemente tutto l’esterno con il Neutral Gray Tamyia, poi ho velato il tutto ad aerografo con il bianco (1 parte di colore, 4 di diluente della stessa casa).
Sempre con il bianco, questa volta smalto Humbrol, ho effettuato un dry-brush mettendo in risalto tutti i particolari in rilievo.
Con un grigio scuro Vallejo ho appena tracciato a pennello dei brevi tratti orizzontali sull’opera morta, a simulare un fasciame leggermente sconnesso.
Con il terra di Siena bruciata ho creato le colature di ruggine analogamente a quanto fatto sui maiali.
Due mani di cera Emulsio Facile diluita 1 a 1 con acqua e qualche goccia di alcol hanno reso lucido e profumatissimo il modello, facilitando il depositari dei successivi lavaggi selettivi in tutti gli interstizi aumentando la tridimensionalità del modello.
Una mano di opaco Humbrol ha posto termine alla costruzione.
Barchino ultimato
Figurini
Sono quelli forniti da scatola; notare con che maestria ho riprodotto l’espressione tesa ma decisa che si legge negli occhi dei due soggetti... con la maschera indossata.
Quelli senza maschera mi sono venuti un po’ meno bene.
A parte gli scherzi, se volete consigli su come si dipinge un figurino rivolgetevi a qualcun altro, altrimenti rischiereste di buttare via il vostro tempo.
Conclusioni
Da un punto di vista prettamente modellistico i risultati sono variabili, sono molto soddisfatto dei due SLC (se escludiamo la diversa densità delle scrostature sono identici), un po’ meno del barchino.
Il diorama del barchino mi sembra un po' spoglio, ma a questo si può rimediare, penso infatti che aggiungerò ancora qualche oggetto, magari una cassetta di attrezzi, una cima arrotolata e, se riesco a trovarlo, un bel gabbiano.
Non mi convince a pieno l’acqua.
Ho fatto progressi con i figurini, anche se per me rimangono sempre degli accessori ad un mezzo, vorrei migliorare ancora, ma dedicandomi principalmente ad aerei, navi e raramente a qualche corazzato non vi dedico molto tempo, per cui mi aspetto progressi molto lenti.
Le critiche egli apprezzamenti ricevuti fino ad ora confermano abbastanza queste mie impressioni.
Roberto “Target” Colaianni e-mail roberto.colaianni@alice.it [Gallery] 25.05.2010 |