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Storia
I Cavalleggeri di Sardegna sono uno dei reparti di cavalleria italiana di formazione più risalente.
Traggono origine dai Dragoni di Sardegna, istituiti da Vittorio Amedeo II, primo re di Sardegna di casa Savoia, nel 1726 per contrastare le critiche condizioni dell’ordine pubblico nell’Isola.
Il reggimento, formato da tre sole compagnie, in un primo tempo era costituito da veterani dei reparti di cavalleria della terraferma e da invalidi, mentre successivamente vennero reclutati anche sardi.
I compiti peculiari dei Dragoni di Sardegna, i quali – come tutti i reparti di dragoni – potevano combattere sia a cavallo che a piedi, erano indicati nel mantenimento dell’ordine pubblico e della difesa da attacchi esterni.
Una compagnia era di guarnigione a Cagliari, sede del vicerè, nel complesso denominato Quartiere dei Dragoni di Santa Croce con un’ampia scuderia, nella sede politica isolana per eccellenza di Castello.
In quell’area precedentemente alla “cacciata” stabilita dagli allora sovrani spagnoli nel 1492 aveva sede una fiorente comunità ebraica, tanto che tuttora le pregevoli strutture accuratamente restaurate vengono chiamate Ghetto degli Ebrei.
Nel 1764 le compagnie dei Dragoni vennero ridotte a due e quella cagliaritana contava soltanto quaranta elementi.
Nel 1776 il reggimento diviene il Corpo dei Dragoni Leggeri di Sardegna.
Il Corpo tenne un ottimo comportamento, insieme ai miliziani sardi, nel 1793, durante il fallito tentativo francese di occupazione della Sardegna, sorretto da un’imponente squadra navale.
Nel 1808 cambiò ancora denominazione, divenendo il Reggimento Cavalleggeri di Sardegna.
Nel 1818 assunse il nome di Corpo dei Moschettieri di Sardegna e, solo un anno dopo (2 giugno 1819), quello di Corpo dei Cacciatori reali di Sardegna.
Questo reparto era costituito da uno Stato maggiore con il colonnello comandante e quattro ufficiali, quattro compagnie a cavallo e quattro a piedi, con un organico complessivo di 24 ufficiali e 677 uomini di truppa.
In questo periodo il compito fondamentale dei Cacciatori di Sardegna era la lotta senza quartiere al banditismo.
Il 16 ottobre 1822 il re Carlo Felice istituiva il Corpo dei Carabinieri reali di Sardegna che incorporò i Cacciatori reali, proprio per il loro buon risultato nel compito del mantenimento dell’ordine pubblico.
L’incorporazione ebbe termine l’1 aprile 1823 e, poiché era stato stabilito che la forza comprendesse 425 carabinieri a cavallo e 100 a piedi, gli esuberanti 145 Cacciatori reali furono trasferiti nei corpi degli Stati di terraferma (Savoia, Nizza, Piemonte, Liguria).
Nel 1832 il governo del re Carlo Alberto decise la ricostituzione del Reggimento Cavalleggeri di Sardegna, che venne organizzato su due “divisioni”, quattro “squadroni”, 13 “distaccamenti” e ben 65 “posti”, spesso composti da pochi cavalleggeri.
Come intuibile, tale organizzazione territoriale era finalizzata al mantenimento delle condizioni minimali dell’ordine pubblico in un momento di grave crisi sociale ed economica dell’Isola, che vede i cavalleggeri duramente impegnati contro il banditismo.
In questi anni verranno conferite ben tre medaglie d’oro ad ufficiali dei Cavalleggeri di Sardegna per il non comune coraggio dimostrato in varie occasioni: sono i capitani Gerolamo Berlinguer (Sassari, 25 giugno 1835), Efisio Falqui Pes (Cagliari, 12 febbraio 1836) ed Agostino Castelli (Orgosolo, 1840).
Il deteriorarsi della situazione della sicurezza pubblica oltre che la necessità di omologare i reparti militari durante una fase di profonda riorganizzazione portarono, con la legge n. 1505 del 21 aprile 1853, alla soppressione del Reggimento Cavalleggeri di Sardegna ed alla ricostituzione del Corpo dei Carabinieri reali di Sardegna, che seguiranno a partire dall’unificazione nazionale del 1861 le vicissitudini dell’Arma dei Carabinieri.
Nel dicembre 1914, all’approssimarsi dell’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale, venne costituito in Ozieri il X Gruppo squadroni di nuova formazione, comprendente il 19° squadrone ed il 20°, composti quasi interamente da personale sardo.
Il Gruppo era il naturale erede dei Cavalleggeri di Sardegna e, con la dichiarazione di guerra italiana all’Impero austro-ungarico (24 maggio 1915), veniva subito inviato in zona operativa, sul basso corso dell’Isonzo e presso Monfalcone, con base a Isola Morosini.
Dopo i primi mesi di guerra, passati svolgendo numerosi pattugliamenti e perlustrazioni sotto il comando dei capitani Bolla (deceduto dopo qualche tempo alla guida del suo aereo durante uno scontro nei cieli di Medea sull’Isonzo), Segre e Rizzardo di Spilimbergo, giungeva l’ordine di scioglimento di tutti i reparti di Cavalleria di recente formazione al fine di rafforzare quelli di consolidata esistenza.
Si deve evidenziare, infatti, che all’entrata in guerra l’Italia poteva schierare ben trenta reggimenti di Cavalleria.
Ad impedire la completa smobilitazione del Gruppo intervenne personalmente S.A.R. il Conte di Torino, Ispettore generale dell’Arma di Cavalleria: veniva, quindi, ordinata l’immediata ricostituzione del 19° squadrone (dicembre 1915) che assunse la denominazione di 19° Squadrone Sardo – Nuova Formazione (N.F.) proprio perché costituito quasi interamente da cavalleggeri sardi.
Nel maggio del 1916 lo Squadrone Sardo veniva aggregato al Reggimento Cavalleggeri di Lodi ed inviato in Albania per coprire la tragica ritirata verso la costa adriatica dell’esercito serbo, sconfitto dalle truppe austro-ungariche.
Per circa due anni lo Squadrone Sardo svolse una logorante attività di pattugliamento e perlustrazione lungo la sponda sinistra del fiume Vojussa e, grazie all’ausilio di barconi della Marina, con veri e propri raids notturni sulla sponda destra occupata dal nemico.
Nell’estate del 1918 lo Squadrone prese parte alla grande offensiva che avrebbe portato le nostre truppe ai confini della Bulgaria.
Il 27 giugno 1918, infatti, veniva costituita la Colonna di Cavalleria (quattro squadroni dei Cavalleggeri di Catania, due squadroni dei Cavalleggeri di Palermo e lo Squadrone Sardo, per un totale di 2.000 cavalleggeri) per una penetrazione in profondità nell’area Vojussa – Semeni.
Si trattava di un’impresa considerata quasi impossibile: l’aggiramento delle forti linee austro-ungariche sulla catena montuosa della Malacastra attraverso l’ampia zona paludosa compresa tra i corsi d’acqua della Vojussa e del Semeni.
Tutta la vallata del fiume Semeni, dal mare fino a Berat, per un tratto di circa settanta chilometri, fu teatro di sanguinosi e durissimi combattimenti che durarono per oltre un mese: secondo i rapporti dell’epoca, lo Squadrone Sardo in tutto questo tempo e in tutti i punti della vallata sostenne sempre parte attivissima.
Sempre in avanguardia quando la Colonna procedeva in avanti e di retroguardia quando essa retrocedeva.
Il 7 luglio 1918, sempre all’avanguardia della Colonna di Cavalleria, irrompeva alla carica nel campo di aviazione austriaco di Fieri, abbattendo un aereo a fucilate, catturandone sei, prendendo oltre trecento prigionieri e l’intero materiale del campo, meritandosi quindi la citazione sul bollettino nazionale di guerra.
Lo stesso giorno, insieme a due sezioni di mitraglieri dei Cavalleggeri di Catania, conteneva i nemici per ben dodici ore sul fronte di Metali.
Il 9 luglio, ancora all’avanguardia della Colonna di Cavalleria, si imbatteva in nidi di mitragliatrici nemiche posti a difesa di un ponte di barche: dopo averli eliminati, procedeva alla distruzione del medesimo ponte.
Successivamente raggiungeva una compagnia austriaca in ripiegamento verso il torrente Kuci e la catturava.
Raggiungeva, poi, la retroguardia nemica assalendola e catturando duecento soldati ed una notevole quantità di materiale bellico, fra cui due cannoni e sei mitragliatrici completi di munizionamento.
Il 12 luglio attraversava il fiume Semeni insieme ad altri due squadroni, ma doveva ripiegare davanti alla violentissima reazione austro-ungarica.
Dal 21 al 24 luglio 1918 le truppe austro-ungariche lanciarono una serie di rabbiosi contrattacchi sul torrente Kuci che videro lo Squadrone Sardo battersi a cavallo ed a piedi con incredibile coraggio e fermezza.
In questi scontri perdeva la vita anche il comandante dello Squadrone, il capitano Giovanni Battista Menini, morto eroicamente la mattina del 24 luglio.
E con lui furono grandi quei quattro oscuri cavalleggeri che, vedendo il loro comandante cadere, con grande coraggio, si lanciarono sotto il fuoco delle mitragliatrici per strapparlo ai nemici e, sotto una tempesta di fuoco, a trarlo fuori del combattimento per vederselo
spirare nelle loro braccia, quando già speravano di salvarlo.
Non comune anche la figura del sergente Cambarau che per quattro giorni restò nelle file nemiche riuscendo, individuato, a non lasciarsi catturare ed a recare importanti informazioni sulle posizioni nemiche.
In questi combattimenti continui la Colonna di cavalleria aveva, comunque, subito numerose perdite: tra il 25 ed il 30 luglio, con forti rinforzi di fanteria giunti a Berat, si passava all’ultima fase del ciclo di operazioni.
Lo Squadrone Sardo era ridotto ormai a soli 40 cavalleggeri.
Nonostante ciò, con il sostegno di uno squadrone dei Cavalleggeri di Catania, caricava più volte un battaglione austriaco che veniva travolto e disperso.
Il 5 agosto catturava un’intera compagnia nemica.
Fra il 5 ed il 7 agosto la Colonna di Cavalleria catturava altre due compagnie austro-ungariche con notevoli quantità di materiale bellico.
Successivamente veniva ritirata dalla linea del fuoco a causa delle gravi perdite subìte.
Per i fatti dell’estate 1918 e, in particolare, per la carica di Fieri (7 luglio 1918), lo Squadrone Sardo veniva decorato con medaglia d’argento al valor militare, unico fra i reparti minori dell’Esercito, con la seguente motivazione: “i Cavalleggeri dello Squadrone Sardo, avanguardia di un’ardita colonna di Cavalleria, travolgevano impetuosamente l’accanita resistenza nemica, seminando ovunque lo scompiglio ed il terrore.
In un mese di asprissima lotta, infaticabilmente cercavano e caricavano l’avversario, spezzandone audacemente la superiorità del numero e le ostinate difese. Con le superbe loro gesta, l’incrollabile disciplina, l’abnegazione e l’ardimento, si congiungevano nella gloria alle più fiere tradizioni, antiche e recenti, dell’intrepida gente di Sardegna”.
Ma il migliore riconoscimento delle proprie capacità i Cavalleggeri dello Squadrone Sardo lo ricevevano dagli altri soldati con cui dividevano pericoli e scontri.
Una chiara dimostrazione si ebbe quando, in seguito ad un ordine di spostamento e davanti ad un passaggio obbligato, lo Squadrone doveva attraversare tutta la Colonna di Cavalleria.
Improvvisamente da tutta la truppa della Colonna stessa, spontaneo si levò un grido ed un applauso “Viva i Cavalleggeri di Sardegna!”, che si ripeté, forte ed entusiasta, per tutta la lunghezza dello schieramento.
Gli stessi austro-ungarici, nei loro rapporti militari, ne parlavano come del reparto “temibilissimo” della Cavalleria avversaria in Albania.
Al termine della vittoriosa prima guerra mondiale lo Squadrone Sardo veniva sciolto, ma negli anni ’30 del secolo scorso venivano ricostituiti i Cavalleggeri di Sardegna come Gruppo squadroni autonomo di stanza nell’Isola, su due squadroni montati.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale erano alle dipendenze del XIII Corpo d’Armata con sede a Cagliari.
Durante il tragico periodo bellico rimasero sempre a presidio della Sardegna, inquadrati fra le forze di riserva mobile destinate a fronteggiare il lungamente atteso tentativo di sbarco delle truppe alleate.
Nel maggio 1942, ad Oristano, il Gruppo squadroni veniva passato in rassegna dal Capo del Governo Benito Mussolini in visita alle Forze armate dell’Isola.
Nel luglio 1943 veniva costituito il Comando Forze armate della Sardegna ed al Gruppo squadroni Cavalleggeri di Sardegna, comandato dal maggiore Enrico Cadeddu, veniva assegnata la difesa mobile del Golfo di Oristano.
L’armistizio con gli Alleati dell’8 settembre 1943 giungeva certo preceduto da qualche segnale non certo positivo, con il rafforzamento della presenza tedesca anche in Sardegna, dove faceva parte del dispositivo di difesa la 90^ Divisione Panzer grenadier, formata in buona parte da veterani della campagna d’Africa e comandata dal generale Karl Hans Lungerhausen.
Il 3 settembre il comandante delle Forze armate della Sardegna generale Antonio Basso aveva ricevuto dallo Stato maggiore la famosa “memoria 44” con la quale, in vista del prossimo armistizio, veniva posto sull’avviso riguardo eventuali azioni ostili da parte dei tedeschi e riceveva l’ordine di “eliminare” le forze tedesche dalla Sardegna.
Come se fosse stato facile, vista la disparità di armamenti e la dislocazione sparsa dei reparti.
Con l’armistizio dell’8 settembre la situazione divenne estremamente difficile ed il Comando italiano riuscì ad indicare alla 90 ^ Divisione tedesca la direttrice di marcia (Sanluri – Oristano – Macomer – Ozieri – Tempio – Palau) per lasciare la Sardegna in direzione della Corsica.
I tedeschi non ritenevano, comunque, difendibile la Sardegna ed il generale Basso riteneva, analogamente, rispettati gli ordini ricevuti in quanto veniva in qualche modo “eliminata” la presenza germanica dall’Isola.
Gli avvenimenti legati al “trasferimento” della 90^ Panzer grenadier Division in Corsica non furono tuttavia incruenti e videro defezioni italiane di reparti che seguirono i tedeschi (alcune unità della Divisione paracadutisti Nembo), diversi scontri a fuoco, numerose vittime da ambedue le parti.
Anche in questi tragici frangenti i Cavalleggeri di Sardegna fecero la loro parte.
La mattina del 9 settembre i Cavalleggeri comandati dal maggiore Cadeddu impedirono ad Oristano la violenta requisizione di autoveicoli da parte dei tedeschi e, soprattutto, riuscirono ad evitare, a squadroni schierati minacciosamente in posizione dominante rispetto alla strada statale “Carlo Felice”, la distruzione del Ponte Mannu sul fiume Tirso programmata dalle truppe tedesche, evitando così l’interruzione delle comunicazioni fra il nord ed il sud della Sardegna in un momento così delicato.
Nel 1944 giungeva, infine, l’ordine di scioglimento del reparto, mentre il personale parteciperà successivamente alle operazioni di liberazione della Penisola con il Gruppo da combattimento “Cremona”.
Da allora i Cavalleggeri di Sardegna non sono stati più ricostituiti, ma sarebbe auspicabile una loro prossima nuova vita nell’ambito della gloriosa Brigata “Sassari” che tanto rappresenta per la storia d’Italia e l’identità della Sardegna.
Il Soldatino
Il soldatino rappresenta un Cavalleggero dello Squadrone Sardo in Albania (1916-1918), durante la prima guerra mondiale, con la caratteristica divisa grigio-verde del Regio Esercito.
Il modellino è una trasformazione del kit in metallo bianco della Baby’s Store Modellismo relativo al Cavalleggero italiano in Libia (1911-1912), della apprezzata serie “Cavalleria Italiana”.
La testa è quella del Cavalleggero della prima guerra mondiale alla carica (BS 11), sempre della stessa serie della Ditta romana.
I colori utilizzati sono gli acrilici Model, mentre l’ambientazione è ottenuta esclusivamente con elementi naturali: foglie secche, licheni, legno, ecc.
Bibliografia.