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Questi sono soldatini un po’ particolari; non rappresentano personaggi storici famosi, nemmeno reparti militari noti o che si sono ricoperti di gloria sui campi di battaglia.
Sono soldatini che raffigurano i milioni e milioni di ragazzi qualsiasi, di uomini qualsiasi, che sono stati chiamati alle armi, si sono ritrovati catapultati dentro vicende infinitamente più grandi di loro e non sono riusciti a salvare la pelle. Non sono più ritornati a casa, forse nemmeno da morti.
I soldatini sono due militari di truppa (uno di loro è un graduato) appartenenti alla Guardia alla Frontiera, sul fronte albanese-montenegrino, nel 1943.
La storia di un ragazzo in guerra.
Efisio Pintus è poco più di un ragazzino quando viene chiamato alle armi.
E’, infatti, nato a Ortacesus, un borgo agricolo del Campidano meridionale, in Sardegna, il 26 maggio 1921.
Coltiva i campi insieme al padre, unico figlio maschio con diverse sorelle.
L’Italia, dall’ottobre 1922, è sotto il regime fascista e lui non ha conosciuto altro, soprattutto a scuola e nelle attività delle rganizzazioni giovanili fasciste della provincia italiana.
Nel 1940, quando riceve la cartolina per la leva militare, ormai si sta avvicinando l’entrata dell’Italia nella II guerra mondiale.
Pur attorniato da un clima patriottico, non è certo entusiasta della guerra.
E’ destinato alla Guardia alla Frontiera.
Dopo il periodo di addestramento a Torino, viene inviato in Albania, presso il XLII Settore "Scutari", uno dei cinque nel quale era suddiviso il 26° Comando Guardia alla Frontiera "Albania".
Dopo anni di guerra, ha nostalgia del proprio paese, della famiglia, e prova a chiedere inutilmente di poter rientrare in Sardegna.
Partecipa alle varie fasi della guerra che vive questo fronte secondario balcanico, dall’invasione del Montenegro (operazioni contro il Regno di Jugoslavia) agli scontri con i partigiani montenegrini e albanesi, infine ai drammatici giorni successivi alla proclamazione dell’armistizio dell’8 settembre 1943.
E’ smarrito, senza ordini, come tutti i militari italiani in queste ore drammatiche.
Quasi un milione di soldati, nel territorio metropolitano e nei vari scacchieri europei, rimasero letteralmente abbandonati dal re Vittorio Emanuele III, dal Governo e dallo Stato maggiore.
I tedeschi hanno predisposto una complessa operazione di neutralizzazione delle forze dell’ex alleato (Operazione Achse), ora potenzialmente ostili.
Intimano la consegna delle armi, anche al reparto del povero Efisio.
I soldati italiani reagirono, pur in inferiorità numerica e di mezzi.
In molti muoiono nello scontro a fuoco, altri sono catturati e finiscono deportati in Germania, solo alcuni riescono a fuggire e si uniscono ai partigiani comunisti albanesi di Enver Hoxha.
Efisio Pintus è morto nello scontro di Scutari con le truppe tedesche il 9 settembre 1943.
E’ sepolto in un cimitero di guerra, senza alcuna identificazione personale.
Nel 1960-1961 una missione militare italiana promossa da Onorcaduti (Commissariato generale onoranze Caduti in guerra, organismo del Ministero della difesa) riporta in Italia i resti dei caduti presenti nei cimiteri militari albanesi.
Attualmente sono sepolti presso il Sacrario militare dei Caduti d’Oltremare (Bari).
Le spoglie di Efisio sono nell’ossario dei caduti ignoti.
Il diorama.
I soldatini rappresentano il soldato Efisio Pintus, quale servente di mitragliatrice Hotchkiss da 8 x 50 mm. francese di preda bellica.
Il capopezzo è il caporale Tullio Scaratti, romano, nato nel 1908 vicino Porta Metronia e scaricatore ai mercati generali di Roma, all’Ostiense, prima di essere richiamato all’inizio della II guerra mondiale.
Anche il caporale Scaratti trova la morte negli scontri con i tedeschi dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943.
Sono nel pieno di un’azione, sporchi di terra, impegnati, nella primavera del 1943, in un’operazione di contrasto dei partigiani montenegrini.
I figurini sono in metallo della francese Gaso.Line, 54 mm., con minime modifiche nella posizione.
I colori utilizzati sono gli acrilici Model e Humbrol con pennelli "tre zero" e "quattro zero", mentre l’ambientazione è ottenuta esclusivamente con elementi naturali: un basamento di roccia, foglie secche, licheni, legno, ecc.
La Guardia alla Frontiera.
La Guardia alla Frontiera venne formalmente istituita con regio decreto n. 833 del 28 aprile 1937, ma già dal dicembre 1934 era operativo il nuovo Corpo specializzato per la vigilanza ai confini metropolitani e coloniali, che sostituiva i reparti della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e (dal 1927) della Milizia Confinaria (articolazione della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale – M.V.S.N.).
Uno dei motivi fondamentali della costituzione del nuovo Corpo era quello di evitare di dare una connotazione eccessivamente statica alle Truppe Alpine che, altrimenti, avrebbero dovuto presidiare fortificazioni e presìdi stabili.
Nel 1937 l’allora Capo di Stato maggiore dell’Esercito, il gen. Alberto Pariani, dispose la trasformazione di 5 reggimenti di artiglieria d’armata in reparti di artiglieria da postazione, destinandoli al nuova specialità.
La Guardia alla Frontiera comprendeva reparti di fanteria, del genio e di artiglieria e venne strutturata (1940) lungo l’Arco alpino, da Ventimiglia a Fiume, in un Comando della Guardia alla Frontiera di Corpo d’Armata, 8 Comandi di settori, 27 Settori, 7 Reggimenti d'artiglieria, 50.000 uomini, 28 battaglioni Alpini, 22 battaglioni di Camicie nere, 5 compagnie di Carristi di frontiera su vecchi carri leggeri Fiat 3000, 1.000 fortificazioni di vario livello, 6.000 mitragliatrici, 1.000 mortai, 100 cannoni controcarro da 47/32, un altro migliaio di altri cannoni di medio e piccolo calibro (da 75/27 e da 149/35).
Guardia alla Frontiera, cartolina commemorativa
I settori della Guardia alla Frontiera (comandati da un colonnello) erano suddivisi in sotto-settori (comandato da un tenente colonnello) e capisaldi, con batterie di artiglieria di pronto intervento ("Batterie Sempre Pronte – S.P."), nuclei di polizia di frontiera ai valichi (Carabinieri, Guardia di Finanza, Milizia Confinaria), nuclei multidisciplinari del genio (elettricisti, telegrafisti, ecc.), servizi logistici.
Un’efficiente rete stradale collegava i numerosi capisaldi difensivi in quota.
L’addestramento era piuttosto duro, molto simile a quello dei reparti alpini, tale da abituare i militari a resistere per lunghi periodi in condizioni difficili. Anche l’abbigliamento era simile a quello delle truppe alpine, con esclusione, ovviamente, per i reparti operanti in Libia.
La 515ª Batteria Guardia alla Frontiera, per esempio, presidiava permanentemente il Forte Chaberton, nel Settore del Monginevro, a 3.130 metri d’altezza.
Oltre ai confini nazionali, la Guardia alla Frontiera sorvegliava i confini dell’Albania (italiana dal 1939) e della Libia (colonia italiana dal 1912).
Nel corso della II guerra mondiale diversi raggruppamenti d'artiglieria e reparti di mitraglieri da posizione andarono a rinforzare il dispositivo di difesa costiera. Altri reparti dislocati al confine orientale costituirono unità di controguerriglia e di controllo delle linee ferroviarie e viarie in Croazia e Slovenia. I reparti del Corpo presenti in Libia combatterono come normali reparti di fanteria.
Dopo l’armistizio dell'8 settembre 1943 i Settori dislocati ai confini nord-orientali impegnarono duramente le truppe tedesche che tentavano di penetrare in forze. Numerosi furono gli atti d'eroismo da parte dei militari dei vari distaccamenti, in particolare nella zona di Tarvisio e in Carnia. Dopo accanite resistenze, però, anche i reparti della Guardia alla Frontiera, spesso isolati, seguirono la stessa sorte degli altri reparti del Regio Esercito.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e lo sfaldamento delle forze armate italiane, nella Repubblica Sociale Italiana venne costituita la Guardia Nazionale Repubblicana di Frontiera.
Nel dopoguerra il Corpo non fu ricostituita, nel 1952 vennero istituiti i Raggruppamenti battaglioni da posizione a difesa dell’Arco alpino, suddivisi, nel 1957, in Alpini d’Arresto e Fanteria d’Arresto, specialità dell’Esercito venute meno nel 1991 con il dissolversi della guerra fredda.
Vinadio (CN), bassorilievo in una postazione della Guardia alla Frontiera
La Guardia alla Frontiera nell’area di Scutari.
Il XLII Settore "Scutari" della Guardia alla Frontiera era uno dei cinque settori di pertinenza del 26° Comando Guardia alla Frontiera "Albania" e, allo scoppio della II guerra mondiale (10 giugno 1940), era strutturato in 3 battaglioni di fanteria di frontiera, una compagnia carrista di frontiera (su carri armati Fiat 3000), un reparto genio e servizi, fra cui un autoreparto.
Durante la guerra cedette alcuni reparti al neo-costituito Comando Truppe Montenegro, dopo il conflitto e l’invasione del Regno di Jugoslavia (aprile 1941).
Fra il 1941 e il 1943 i reparti del XLII Settore "Scutari" venivano impegnati in operazioni di contro-guerriglia contro partigiani montenegrini (comunisti e filo-monarchici) e albanesi (comunisti).
All’armistizio dell’8 settembre 1943 resistevano alle truppe tedesche che esigevano la consegna delle armi e chi riuscì a sfuggire alla cattura e al successivo internamento in Germania si univa ai partigiani locali. I deceduti e i dispersi furono quasi la metà degli effettivi ai reparti.
Acceglio (CN), Ricovero Escalon, affresco all'interno della postazione della Guardia alla Frontiera
Bibliografia.
P.S. Efisio Pintus e Tullio Scaratti sono nomi di fantasia, la loro storia è però tragicamente vera.
E’ la storia di centinaia di migliaia di ragazzi e di uomini sconosciuti.