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Il sole è sorto da poco, nella fredda mattina alle pendici del Monte Badon, nell’Isola di Britannia sconvolta dalle ripetute scorrerie degli invasori Angli, Sassoni e Juti.
Siamo nell’anno del Signore 494 o poco dopo. Ambrosius Aurelianus scruta i boschi, le radure, i pascoli, le campagne verso l’orizzonte. Guida le residue forze dei britanni romanizzati, dei discendenti dei legionari romani che non abbandonarono l’isola nei primi anni del secolo, richiamati sul Reno per difendere l’Impero morente.
Il fuoco che l’ha confortato nella lunga attesa è ormai spento. È un bravo dux bellorum e ha voluto rendersi conto di persona della consistenza e della disposizione del nemico in marcia di avvicinamento. Il draco rosso è il simbolo della loro forza e della loro determinazione e, se lo dovessero scorgere i nemici, sarebbe cosa anche migliore: ne dovranno avere rispetto, se non paura.
Sa che almeno una parte del loro mondo, della loro civiltà, potrà sopravvivere, se riusciranno a sconfiggere gli invasori. E sopravvivrà, dopo quel giorno, a costo di parecchio sangue, grazie al loro coraggio e alle loro armi.
La Britannia nel V secolo d. C.
All’inizio del V secolo d. C. la Britannia ancora faceva parte dell’Impero romano d’occidente, allora governato dall’imperatore Onorio. Tuttavia, già dalla fine del IV secolo si avvertivano i sintomi della inarrestabile decadenza. Crisi economica, minore circolazione della moneta, difficoltà nel pagamento dei legionari. Fra il 407 e il 411, le quattro Legioni romane stanziate in Britannia lasciarono l’isola, in parte al seguito dell’usurpatore Costantino III (che venne sconfitto e ucciso in Gallia dalle Legioni di Onorio nel 411), in parte spostate sul Reno dal generale Stilicone contro l’invasione dei Visigoti.
La difesa della Britannia vide allora protagonisti i soldati romani rimasti e gli abitanti britanni romanizzati.
Alle istituzioni municipali romane si sostituirono un po’ alla volta potentati locali, la vita continuò più precaria.
Secondo la cronaca di Gildas di Rhuys (De Excidio Britanniae), fra il 441 e il 446 Vortigern, un locale signore della guerra (padrone del Powys), chiamò i Sassoni come mercenari, facendoli stanziare "nella parte orientale dell’isola". Da allora la loro presenza si fece sempre più massiccia e, verso il 450, di fatto presero il potere in aree sempre più vaste.
Ma verso la fine del V secolo, l’espansionismo dei Sassoni subì una pesante battuta d’arresto: i Romano-britanni, guidati da Ambrosio Aureliano, inflissero loro una dura sconfitta alla battaglia del Monte Badon. In seguito, per alcuni decenni, i Britanni romanizzati continuarono a controllare il Galles, la Cornovaglia e l’Inghilterra occidentale, mentre Sassoni, Angli e Juti si stanziarono nell’Anglia e nell’Inghilterra sud-orientale.
Solo dopo decenni, secoli, i diversi popoli lentamente si amalgamarono, così come in precedenza era accaduto fra Romani e Britanni, per dar vita all’Inghilterra del medioevo.
Storicità di re Artù.
È una delle figure più affascinanti della letteratura e della storia del Vecchio Continente. Re Artù.
È il personaggio centrale della Materia di Britannia, sia del Ciclo bretone che del Ciclo arturiano, protagonista di centinaia di opere letterarie e cinematografiche. Per alcuni è solo frutto di leggende, per altri storici ha davvero percorso la terra dell’attuale Inghilterra, Galles, Bretagna in un qualche momento dell’alto medioevo, forse della Britannia romana.
In ogni leggenda c’è sempre un fondo più o meno ampio di verità e, quasi certamente, sono diversi e in diversi momenti storici i personaggi storici realmente esistiti ad aver dato luogo al nostro re Artù, così come giunto fino a noi: da Lucio Artorio Casto, alto ufficiale della Legio VI Victrix, al comando di un reparto di cavalieri pesanti Sarmati nella Britannia romana del III sec. d. C.[1], a Riotamo, signore della guerra bretone del V sec. d.C., ad Arthnou, signore del castello di Tintagel, in Cornovaglia, nel VI sec. d. C.
Ambrosio Aureliano, forse il re Artù della storia.
Ambrosius Aurelianus visse probabilmente fra il 457 e il 533. Di stirpe romana, il contemporaneo Gildas di Rhuys, scrisse che la sua famiglia portava "la porpora", indicando l’origine imperiale o più probabilmente senatoria. Quasi certamente poteva trattarsi della gens Aurelia.
Nel 479 divenne il dux bellorum dei Romano-britanni, anche secondo i Chronica Maiora.[2] Li condusse alla vittoria nella battaglia del Monte Badon, combattuta fra il 490 e il 500, probabilmente nel 494 (anno di nascita di Gildas), alle pendici di un colle in un luogo non identificato con precisione tra l’attuale Galles e l’attuale Inghilterra.
Colonna Traiana, particolare, cavalieri Sarmati Roxolani
I Sassoni vennero pesantemente sconfitti, forse erano guidati dal bretwalda (re) Aelle del Sussex, che presumibilmente morì in battaglia.
Così scrisse di lui Gildas: "Era un uomo modesto, l'unico della razza romana che era casualmente sopravvissuto nel frastuono della tempesta (i suoi genitori, che avevano sempre indossato la porpora, erano morti con questa) che si è scatenata ai nostri giorni e che ci ha condotti assai lontano dalla virtù degli avi [...] a questi uomini, con il consenso di Dio, arrise la vittoria" (De Excidio Britanniae). La vittoria fu importantissima, perché fermò gli invasori, ma non risolutiva: "A volte i sassoni e a volte i cittadini [cioè gli abitanti romano-britanni, n.d.r.] furono vittoriosi".
Gildas risulta esser l’unico testimone realmente vissuto negli anni in cui Ambrosio Aureliano sconfisse e fermò gli invasori e questa contemporaneità, oltre a un’indicazione esplicita del ruolo di comando, accredita, secondo lo storico inglese John Morris, la tesi secondo cui il Romano-britanno diede origine alla figura di re Artù [3].
Il diorama.
Il piccolo diorama rappresenta Ambrosio Aureliano alle pendici del Monte Badon, alle prime luci del giorno, dopo la lunga attesa dell’approssimarsi del nemico. Il figurino è frutto di una piccola trasformazione del cavaliere romano-britanno con draco (codice S90-6) in metallo bianco (54 mm) della Soldiers del bravissimo Marco Lucchetti (scultura di Adriano Laruccia).
L’elmo è un cassis di tipo sassanide, la cotta a scaglie (lorica squamata), sotto la tunica (vestis militaris) pesante, adatta ai climi freddi, e le bracae a disegni celtici. Il mantello (sagum) è di lana rossa, con bordatura di pelliccia, chiuso da una fibula metallica, tipico dei legionari romani.
I colori utilizzati sono gli acrilici Humbrol, i pennelli sono "quattro zero", mentre l’ambientazione è ottenuta quasi esclusivamente con elementi naturali: foglie secche, licheni, legno, pietre, braci spente, segatura, ecc.
Una minima parte è vegetazione artificiale in uso per le ambientazioni natalizie.
Bibliografia.
La bibliografia su re Artù è sterminata, qui sono riportati solo alcuni fra i testi più interessanti.