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Qual è stata davvero l’ultima carica?
Senza dubbio l’ultima carica condotta dalla Cavalleria con il suo storico compagno d’avventure, il cavallo, che abbia condotto a risultanti rilevanti sul piano strategico è stata quella del Savoia Cavalleria a Isbuschenskij, nelle steppe russe, il 24 agosto 1942.
Essa, infatti, ebbe effetti notevoli sul piano militare, salvando migliaia di soldati italiani dall’accerchiamento, e psicologici, visto che le forze sovietiche rallentarono notevolmente la loro offensiva, su un ambito operativo - la grande ansa del Don - piuttosto ampio.
In questo senso è l’ultimo fatto d’armi che ha visto una “carica di cavalleria” nel senso classico del termine con effetti così rilevanti.
Storicamente degne di nota sono anche altri successivi combattimenti a cavallo: l’11 settembre 1943 i russi del 2° Corpo d’Armata di Cavalleria della Guardia conquistavano e tenevano la testa di ponte sul fiume Desna, respingendo i furiosi contrattacchi tedeschi.
In quei giorni, il 9 settembre 1943, con una nazione allo sbando, schierati minacciosamente a cavallo pur senza caricare, i Cavalleggeri di Sardegna salvavano il Ponte Mannu sul fiume Tirso dal tentativo di distruzione da parte dei tedeschi in ritirata.
E così salvavano le comunicazioni fra il nord ed il sud della Sardegna.
Quanto fecero, in una situazione assurda quanto non voluta, i Cavalleggeri di Alessandria il 17 ottobre 1942 presso il villaggio croato di Poloj ha però veramente dello straordinario sul piano del coraggio e del risultato comunque conseguito.
Cavalleggeri di Alessandria, carica di Poloj, 1942 - Diorama
I Cavalleggeri di Alessandria.
Il Reggimento Cavalleggeri di Alessandria venne costituito con regio decreto 3 gennaio 1850, composto da 4 squadroni operativi e 1 squadrone deposito.
Il 1° e 2° squadrone erano costituiti dal 5° e 6° dei Cavalleggeri di Novara, il 3° e il 4° erano costituiti dal 5° e 6° dei Cavalleggeri di Aosta.
Lo squadrone di deposito era il 6° di Piemonte Reale.
Il 10 settembre 1870 prese la denominazione di 14° Reggimento di Cavalleria (Alessandria), ma il 5 novembre 1876 riebbe il nome di Reggimento di "Cavalleria Alessandria" (14') e il 16 dicembre 1897 quello di "Cavalleggeri di Alessandria" (14°).
Prese parte alla campagna di Crimea (1855-56) col 1° squadrone inquadrato nel Reggimento Provvisorio di Cavalleria.
Nella II guerra d’indipendenza (1859) partecipò alla ricognizione su Vercelli, alle dimostrazioni sulla Sesia, alle battaglie di Palestro e Madonna della Scoperta ed all'investimento di Peschiera.
Nel 1863 mandò due squadroni in Sicilia per la lotta contro il brigantaggio.
Durante la III guerra d’indipendenza, il 24 giugno del 1866 a Villafranca, "Alessandria" ed uno squadrone di "Foggia", con alla testa il Col. Strada, caricano animosamente ed inseguono la Cavalleria austriaca del gen. Pulz, numericamente superiore, che era penetrata tra i quadrati della nostra Fanteria.
Da ambo le parti le perdite furono gravi; numerosissimi gli episodi di valore: il ten. Vitali, con un braccio fratturato per una precedente caduta, chiede di poter guidare il suo plotone alla carica ed eroicamente soccombe.
Viene conferita la Medaglia d'Argento al V. M. allo Stendardo e in quel giorno si è celebrata in seguito la festa del Reggimento.
Durante la campagna d'Africa del 1887-88 concorse alla formazione del 1° squadrone Cavalleria d'Africa e dello Squadrone Cacciatori a cavallo.
Anche nel 1895-96 inviò in Africa 73 gregari per vari servizi.
Nel 1911-12, durante la guerra Italo-Turca, fornì ad alcuni corpi e servizi mobilitati 108 gregari.
Nel corso della I guerra mondiale, il 16 dicembre del 1915 Costituisce la 855ª compagnia mitraglieri che combatte sulla Bainsizza ed a quota 549 nel 1916 e 1917.
Nel 1916 il reggimento partecipa alla conquista di Gorizia, passando l'Isonzo a Lucinico.
Nel 1917 Il reggimento concorre, a fine ottobre, distaccando i suoi Squadroni alle varie unità, alla protezione del ripiegamento del IV Corpo d'Armata, distinguendosi a Idresko, Caporetto, Stupizza, Sequals, Marano di Riviera, Zugliano e Noals.
Nelle azioni di protezione del ripiegamento il reggimento perde la metà dei suoi effettivi eroicamente sacrificatisi per permettere il deflusso di altri reparti e rallentare l'azione nemica.
Soprattutto la carica di Stupizza (25 ottobre 1917) desta grande ammirazione.
I Cavalleggeri di Alessandria liberano Trento, 3 novembre 1918
Nel 1918 i Cavalleggeri di Alessandria risalgono la valle dell'Adige puntando su Rovereto che occupano il 10 novembre; riprendono la marcia scontrandosi ancora con il nemico a Volano, quindi si portano da Mottarello verso Trento.
Ai Cavalleggeri di Alessandria, al comando del colonnello Tarditi di Centallo, è dato l'onore di entrare per primi in Trento redenta e di issare il Tricolore sul Castello del Buon Consiglio.
Ufficiali dei Cavalleggeri di Alessandria alla liberazione di Trento (3 novembre 1918), al centro il col. Ernesto Tarditi, comandante.
Nei giorni successivi i Cavalleggeri di Alessandria si spingono su Lari, Mezzacorona e Salorno.
Nel 1920 incorpora i Cavalleggeri di Treviso ed uno squadrone dei Cavalleggeri di Lodi ed assume la denominazione di "Cavalleggeri di Alessandria".
Il 1923 vede Alessandria prendere parte alle operazioni contro i ribelli in Cirenaica, combattendo il primo di ottobre ad Agfet el Aggara.
Per la guerra contro l’Etiopia (1935-1936) concorre alla formazione del I e del II Gruppo squadroni mitraglieri “Genova Cavalleria” e del II e IV Gruppo squadroni mitraglieri ”Aosta”, che costituirono, poi, il valoroso “Raggruppamento Cavalieri di Neghelli”.
In totale furono ceduti temporaneamente ben 15 ufficiali e 220 cavalleggeri.
Anche per la guerra civile in Spagna (1937-1939) contribuì con numerosi volontari al corpo di spedizione italiano schierato con i nazionalisti.
Nel corso della II guerra mondiale, inquadrato nella Divisione Celere "Eugenio di Savoia" dal 6 al 18 aprile del 1941 partecipa alle operazioni sul fronte italo-jugoslavo.
Svolge successivamente compiti di presidio a località ed opere importanti, prendendo parte, in terra croata, ad operazioni contro guerriglia.
Il 17 ottobre del 1942 il Reggimento, al comando del Col. Antonio Ajmone Cat, viene duramente impegnato in violenti combattimenti per una intera giornata ed una notte a Perjasica, da formazioni partigiane.
A Poloj, il Cap. A. Vinaccia muore eroicamente caricando, alla testa del Suo squadrone, reparti ribelli che avevano attaccato la colonna; i Capitani Barnabò e Pedroni cadono da prodi mentre animano la resistenza.
Eroica morte trovano pure il S.Ten. Mori, il Mar. Pastore ed i Cap. Magg. Miari, e Manni.
Sarà questa l'ultima carica a cavallo della Cavalleria Italiana.
Il 1° gennaio del 1943 durante una ricognizione, cadono in una imboscata il Col. Da Zara, comandante del Reggimento, il Magg. Sallustri, Capo di Stato Maggiore della Divisione Celere ed alcuni Cavalleggeri.
Un Gruppo Squadroni di "Alessandria" partecipa alle operazioni di rastrellamento nella zona di Segna ove contrattaccando generosamente riesce a ristabilire a nostro favore le sorti del combattimento e lanciatosi poi all'inseguimento elimina le ultime sparse resistenze.
Dall'8 al 12 settembre il Reggimento, superando notevoli difficoltà, rientra in Italia dove il IV Gruppo Squadroni già si oppone ai tedeschi combattendo nella zona di Udine.
Nel periodo che va dal 1940 al 1943, il Deposito del Reggimento costituisce due Gruppi Squadroni Costieri appiedati (XII e XIII) operanti in Italia, due Gruppi Squadroni Carri su L6/40 (III e IV) operanti nei Balcani, un Gruppo Squadroni Semoventi controcarri (XIII) operante in Russia nel 1942 ed un Battaglione Movimento Stradale (XII).
Vengono ricostitutiti con la denominazione di Squadrone Esplorante "Alessandria" il 1° ottobre del 1964 con stanza a Persano e, quindi, trasferiti a Roma nel 1975 con la denominazione di Squadrone Esplorante Cavalleggeri di Alessandria ed inquadrati nella Brigata Granatieri di Sardegna.
Il primo luglio del 1979 i Cavalleggeri di Alessandria sono definitivamente sciolti ed incorporati dai Lancieri di Montebello che ancora oggi, assieme a Genova Cavalleria, ne conservano le tradizioni.
Il ciclo di operazioni del 1942.
Dopo la rapida e vittoriosa campagna italo-tedesca contro la Jugoslavia (6-18 aprile 1941), i Cavalleggeri di Alessandria sono forza d’occupazione in Croazia e vengono impegnati in difficili e dure azioni di contenimento del sempre crescente movimento partigiano comunista jugoslavo e delle violenze degli ustascia croati.
Pesantissimo è l’inverno 1941-1942, con temperature fino a – 36°.
Nell’estate del 1942 s’intensifica l'attività degli squadroni, con ricognizioni che portano a scontri con gli elementi partigiani, sempre più attivi e più audaci.
Partigiani comunisti jugoslavi
Particolarmente da ricordare gli scontri di Ozalj e Kamanje (6 settembre), di Ivletlika (9 settembre), di Barilovie (19 settembre), di Generalski Stol (24 settembre).
L’1 ottobre 1942 ha inizio un importante ciclo operativo, che dura sino al 23 ottobre.
Qui è d’obbligo lasciare la parola soprattutto alla “Relazione sulle operazioni svolte dal reggimento”, trasmessa il 24 ottobre, al comando della 1a Divisione Celere, dal col. Ajmone Cat, comandante.
Il ciclo si è svolto in tre fasi e dal 6 al 15 ottobre “Alessandria” fece parte d'un Raggruppamento agli ordini di Ajmone Cat, rinforzato da 1 batteria del I Gruppo del 23° Reggimento artiglieria, dal 3° e 4° squadrone carri L e da servizi vari.
Dal 16 al 19 ottobre le truppe, rinforzate da un battaglione di Camice Nere, furono agli ordini del gen. Mario Mazza, vice comandante della 1a Divisione Celere.
Dal 20 al 23 ottobre tutti furono ai diretti ordini del generale Lomaglio, comandante della divisione.
La prima fase delle operazioni si svolse fra l’1 e il 15 ottobre: le divisioni “Lombardia” e “Cacciatori delle Alpi”, dell'XI Corpo d'Armata, muovendo da NW a SE, dovevano ricacciare davanti a loro le formazioni ribelli segnalate nella zona di Perjasica, quartier generale delle più forti bande partigiane, principale tra esse la “Udarne brigade” (Brigata d'assalto), tra i torrenti Mrzenica e Korana; il Raggruppamento doveva sorvegliare la zona tra Ogulin e Vinica e, poscia, concorrere alla distruzione degli elementi sospinti dalle divisioni del settore Ogulin-Otok.
Vengono costituite due basi intermedie, equidistanti, con ciascuna 1 Gruppo squadroni, 1 squadrone carri L ed 1 sezione d'artiglieria, ad Otok e Bosiljevo.
Il giorno 12 ottobre, mentre nei giorni precedenti nulla era accaduto, su richiesta del comando della 1a Divisione Celere viene svolta una ricognizione da un Gruppo squadroni su Duga Gora, dove era stata segnalata la presenza di 600 partigiani.
Il 13 ottobre l'altro Gruppo squadroni svolgeva altra ricognizione su Vukova Dorica, dov'erano state segnalate, altre formazioni di partigiani, entrambe con esito negativo.
Il 14 ottobre, essendo giunta a Bosiljevo, la divisione “Cacciatori delle Alpi”, il Gruppo squadroni veniva spostato a Gojak.
Il 14, dopo visita in loco del comandante del Corpo d'Armata, e su ordine del comando della Divisione Celere, il Raggruppamento si spostava nella zona di Touny.
Nulla, quindi, di notevole da rilevare nella prima fase del ciclo.
Cavalleggeri di Alessandria in Croazia, ottobre 1942
La carica di Poloj- Perjasica.
La seconda fase delle operazioni (16-19 ottobre) iniziava il 16, da Touny, da dove il Raggruppamento si portava a Generalski Stol, dove rinforzato dal LXXXI Battaglione Camicie Nere, passava agli ordini del gen. Mazza.
Il 16, alle ore 9,30, il Raggruppamento passa il ponte riattato sul torrente Mreznica, 3 km ad est di Generalski Stol, per raggiungere Perjasica, in concomitanza col Btg. CC.NN., che passava il torrente ai mulini ad est della stazione di Dornje Dubrave.
Raggiunto Perjasica il Raggruppamento doveva puntare su Primislje, su ordine successivo del gen. Mazza.
Il Raggruppamento marciava con formazione a losanga, con il 4° squadrone d'avanguardia ed al centro squadrone mitraglieri e squadrone comando.
Alle 10,30 il 4° squadrone, all'altezza di Orescasko, impegna ed insegue una formazione partigiana di 60 ribelli; il 3° squadrone, sulla destra, cerca cooperare alla cattura del reparto, ma un fitto bosco e la rapidità della fuga tempestiva sottraggono alla cattura i partigiani, dei quali vengono però catturati il comandante (con alcuni documenti) e 7 partigiani; nel Reggimento 1 cavalleggero con lussazione di spalla e piede, 2 cavalli morti e 5 feriti.
Alle 12,30 veniva raggiunta Perjasica, dove si attendevano ordini dal gen. Mazza.
Il Btg. CC.NN. non vi era ancora giunto.
Alle 14 il Reggimento ripartiva, in formazione a losanga, col 2° squadrone in testa, il 3° a sinistra, il 4° a destra, il 1° in coda.
Raggiunto il trivio, che portava a sud a Primislje, e ad est al ponte di Cika sul Korana, si radunano le forze per passare il torrente con tutti i reparti; raggiunti i costoni di riva sinistra del Korana, dominanti il ponte, si rileva che questo era interrotto, essendo rimasta la sola intelaiatura, senza tavole, e veniva battuto dalla riva destra.
Aperto il fuoco sul nemico, questo si dimostrava ancor più aggressivo, guadava il Korana, a monte ed a valle del ponte, per attaccare il Reggimento ai fianchi ed a tergo.
Valutate le forze nemiche ad almeno un battaglione, bene armato ed equipaggiato, Ajmone Cat decide di sganciarsi e ripiegare.
Non essendo possibili comunicazioni radio queste avvengono a mezzo motociclista: comunque il Reggimento riesce a rientrare a Perjasica, verso le 21, con 2 cavalleggeri e 3 cavalli feriti.
Il giorno successivo, 17 ottobre, su ordine del gen. Mazza, il reggimento e la batteria si recano ai mulini di D. Karasi, sul Korana, per abbeverare i cavalli rimasti due giorni senza acqua, di scorta una compagnia di CC.NN.
Terminata l'abbeverata, alle 10, i reparti si rimettevano in marcia, per raggiungere Perjasica, quando venivano fatti segno a fuoco di armi automatiche dalla riva destra del Korana e dalla riva sinistra, tra G. Karasi e D. Perjasica.
Piazzate le mitragliatrici e con tiri dell'artiglieria, si poteva far rientrare tutti i reparti a Perjasica per le ore 11,30.
Ricevuto l'ordine di effettuare la puntata su Primislje, con Alessandria, il 3° squadrone carri L e la sezione della batteria del I/23, alle 13 si iniziava la marcia, col 1° squadrone di avanguardia, il 2° a sinistra, il 4° a destra, il 3° in coda: al centro della losanga lo squadrone mitraglieri, lo squadrone comando, la sezione d'artiglieria e l'autocarreggio di combattimento.
Alle 14,30 veniva raggiunta Poloj, 1 km. ad ovest del trivio di Bukovac, mentre il Btg. CC.NN. seguiva a cavallo della rotabile.
Avendo osservato forte movimento di reparti nemici che si portavano in posizione onde manovrare sul fianco sinistro e a tergo del Reggimento il col. Ajmone Cat prendeva posizione sulle alture di quota 249, la più favorevole della zona, che aveva nel suo interno profonde doline, dove potevano essere collocati i cavalli degli squadroni e della sezione d'artiglieria.
Alle 14,45 tutti i reparti avevano assunto le loro posizioni, quando il 1° squadrone veniva attaccato con violenza, e venivano uccisi i cavalleggeri del 2° squadrone Alberto Brandolin e Elio Bonandin.
L'artiglieria apriva il fuoco, mentre il 1° squadrone, sempre attaccato sul fronte e sui fianchi veniva rinforzato da 3 carri L.
Giungeva sul posto il gen. Mazza, che riceveva ordine dal gen. Lomaglio di assumere il comando sul posto e raggiungere Primislje ad ogni costo.
Cavalleggeri di Alessandria, carica di Poloj, 1942 - Diorama
Il Btg. CC.NN. tentava aprire la strada del Reggimento, ma non vi riusciva, a causa dell'attività delle forze nemiche rilevanti, in ottima posizione, e ripiega su “Alessandria”.
Esaminata la situazione Mazza ed Ajmone-Cat decidono di restringere e saldare la linea dello schieramento, a difesa, per passare ivi la notte.
Ma un ordine del gen. Lomaglio comanda di ripiegare, ordine confermato subito dal gen. Mazza, nonostante il col. Ajmone Cat lo ritenesse pericoloso a causa dell'oscurità sopraggiungente.
La formazione di ripiegamento sarebbe stata: 1° squadrone in avanguardia, comando di Reggimento, squadrone mitraglieri, squadrone comando, 3° squadrone sulla sinistra, 2° squadrone sulla destra, 4° squadrone dietro alla sezione di artiglieria col compito d'agevolarne il ripiegamento e proteggerla.
Tutti i cavalleggeri si attendevano lo sbarramento nemico. Logico, ovvio. Chiunque avrebbe fatto così, anche loro.
Alle 18,30 si iniziava il movimento, ma, dopo 1,5 km., il 1° squadrone veniva fatto segno a violento fuoco di armi automatiche e di bombe a mano.
Il capitano Antonio Petroni ordinava subito la carica. Ormai è quasi buio. Il tenente Gabrio de Szombathely, del 5° squadrone, ricorda l’infernale “visione dello squadrone comando che parte al galoppo tra uno sferzare di code nell’incerta luce della sera e il tumulto dei 150 cavalli del 5° che dietro di lui prendono anch’essi il galoppo con il frastuono dei 36 basti delle mitragliatrici pesanti e delle munizioni”.
Caricavano tutti i 760 cavalleggeri con lo stendardo al vento.
Il 3° squadrone, sorpassata un'orda di uomini, donne, ragazzi, con forche, coltelli e pistole scesa dalle alture dominanti la sinistra, si gettava anch'esso contro le formazioni partigiane regolari.
Altrettanto facevano il 2° squadrone sulla destra e il 4° squadrone.
Gli squadroni superavano ben 3 sbarramenti di armi automatiche, fucili e bombe, facilitando lo sganciamento del Btg. CC.NN.
Perduto un pezzo della sezione d'artiglieria (il pezzo venne privato dell’otturatore) ed il carreggio da combattimento, i reparti rientrarono alla spicciolata in Perjasica.
Nelle ripetute cariche era andato perso lo stendardo: al mattino seguente il capitano Fabio Martucci comandante dello squadrone mitraglieri con il suo attendente Morgan Ferrari lo ritrova impigliato al ramo di un albero e lo recupera.
Le perdite della giornata furono di 2 ufficiali dispersi (capitani Petroni e Vinaccia), deceduti ma i cui corpi non poterono essere recuperati, 1 ufficiale morto, 5 feriti, 10 morti, 56 feriti e 50 dispersi fra sottofficiali e cavalleggeri.
I cavalli perduti furono 109, i feriti 60.
Del 3° squadrone carri L, 2 ufficiali furono feriti e 2 di truppa dispersi.
Il 18 e 19 ottobre il reggimento sostò a Perjasica, a disposizione del comando Divisione “Lombardia”.
Nella terza fase delle operazioni, il 20 ottobre, per ordine del comandante la Divisione Celere, il Reggimento si trasferì a Generalski Stol, per rientrare a Karlovac, ma lo stesso 20 si ordinava la sorveglianza sulla rotabile Generalski Stol-Perjasica, assumendo la dislocazione: comando e I Gruppo a Matesko Selo, II Gruppo a Generalski Sol.
Il 22 un reparto tornava nella zona di Poloj, al seguito dei btg della divisione “Cacciatori delle Alpi”, dove recuperava le salme di 4 cavalleggeri e di 1 camicia nera.
Il 23 il reggimento rientrava a Karlovac.
Cavalleggeri di Alessandria, carica di Poloj, 1942 - Diorama
La carica di Poloj-Perjasica vista dagli slavi.
I combattimenti avevano avuto inizio al calar della sera del 17 ottobre 1942.
Ma come avevano visto il combattimento gli slavi? Forti nuclei partigiani jugoslavi, valutati dal Pavic complessivamente in un migliaio di uomini, avevano seguito, inosservati, per tutta la giornata, le mosse d'una grossa colonna di fanteria e cavalleria italiane.
La colonna, che aveva per gli slavi evidentemente per compito l'azione punitiva contro le forze partigiane esistenti in zona, marciava lungo la rotabile Barilovic-Poloj-Primislje; giunta, nel pomeriggio, in zona Poloj (comprensiva dei 3 Poloj, superiore, di mezzo, inferiore) s'era arrestata sulla rotabile; qualche reparto s'era spinto verso Poloj inferiore, ripiegando, verso sera sulla testa della colonna.
All'atto del combattimento la colonna era ferma e si apprestava a passare sul posto la notte: la testa della colonna era a circa 1 km a sud di Poloj di mezzo e si sviluppava per circa altri 2 km a nord della località.
Elementi fiancheggianti della colonna a sera ripiegarono sulla strada.
Il combattimento ebbe luogo su tutto lo sviluppo di 3 km. della colonna, condotto da partigiani, attaccanti da breve distanza, da ambo i lati della strada, di sorpresa; si ebbero furiosi combattimenti, con perdite rilevanti da ambo e parti.
I civili del luogo, salvo quelli che in numero notevole militavano nelle file partigiane, avevano abbandonato tempestivamente le proprie abitazioni per ingiunzione dei partigiani, evidentemente al corrente di quanto stava per accadere quel giorno (tutte le abitazioni di Poloj sono state ricostruite ex novo, essendo state tutte distrutte: quella del Pavic lo fu il 23 quando reparti italiani rastrellarono la zona, distruggendo quanto non era stato precedentemente danneggiato).
A più riprese ebbero luogo nella zona anche combattimenti tra ustascia e partigiani, e poi fra partigiani e tedeschi.
I caduti del 17 furono, per ordine dei partigiani ai civili del luogo, subito seppelliti, onde evitare possibili epidemie.
In fosse affrettatamente scavate dai civili, in più punti, dove il terreno di natura carsica si prestava meglio, furono calati, insieme, partigiani, soldati italiani e cavalli.
Si poté identificare una fossa, con 39 soldati italiani e 12 cavalli.
Tutti i caduti italiani furono privati, dai partigiani, delle uniformi, delle armi, delle munizioni e dell'equipaggiamento: impossibile, quindi ogni riconoscimento di salme, da parte dei civili.
Dalle giubbe degli ufficiali i partigiani strappavano i distintivi di grado e li indossavano.
Altra fossa si identificò presso l'abitazione di certo Margic Bozo, a Poloj superiore.
Si é potuto capire che tutti i prigionieri vennero uccisi e le camice nere anche seviziate.
Cavalleggeri di Alessandria, carica di Poloj, 1942 - Diorama
Un atto di vero, assurdo, eroismo.
La carica del 17 ottobre 1942 fu la vera ultima carica di cavalleria della storia e non é stata forse sinora valorizzata, come avrebbe meritato.
Indubbiamente é stata fine a sé stessa, nel senso che é stata eseguita per sganciarsi dal nemico travolgente, mentre quella di Isbuscensky é stata fatta (come quella di Pozzuolo) per aprire un varco ad altre truppe in ritirata, ma essa é pur sempre stata un atto eroico, dove uomini decisi si sono serviti del cavallo come della miglior arma, nella circostanza, per rompere l'accerchiamento avversario.
E’ stata una carica assurda, perché è stata assurda la situazione nel quale il Reggimento è stato messo dagli ordini assurdi del generale Lomaglio (comandante della Divisione Celere) di ripiegare pur al sopraggiungere della notte e in mezzo a forze nemiche, ordini purtroppo confermati – fra le proteste del colonnello Ajmone Cat, comandante di “Alessandria” – dal generale Mazza (vice-comandante della Divisione Celere), pur presente sul posto e, quindi, nelle migliori condizioni per soprassedere a un ordine palesemente sbagliato.
A differenza di Isbuscenskij, dove ad attaccare i russi sono due squadroni a cavallo e tre a piedi, a Dolnij Poloj carica l'intero reggimento, cioè cinque squadroni con lo stendardo e il colonnello in testa: una scena epica, 760 uomini lanciati al galoppo all’imbrunire contro le brigate d'assalto del maresciallo Tito.
In effetti l'essere un episodio della campagna contro i partigiani slavi può avere contribuito a farlo dimenticare: l'occupazione italiana dei Balcani, con le atrocità commesse da ambo le parti e le opportunità politiche del dopoguerra, è stato a lungo un capitolo rimosso della nostra storia.
Ma è anche vero che già all'indomani della battaglia c’era, negli alti comandi italiani, la voglia di cancellare.
L’allora sottotenente Arcella – che da molti anni si batte per dare la giusta importanza all’avvenimento – ricorda il discorso del generale Mario Roatta davanti ai cavalleggeri schierati: “Al mio superiore vaglio gli ordini impartiti sono risultati illuminati.
Si cancelli ogni cosa dalle vostre memorie, rimanga quello che passerà alla storia con il nome di carica di Poloj”.
A quelle parole, però, il comandante del Reggimento, il colonnello Antonio Ajmone Cat, esplode: “Che dirò a tante madri? Che un ordine pazzo ha stroncato la vita delle proprie creature?”.
Roatta volta le spalle e tace. Il colonnello Ajmone Cat sarà esonerato dal comando del Reggimento e “Alessandria” non vedrà alcuna ricompensa, benché minima.
L’unica ricompensa, paradossalmente, arriverà dal nemico.
Il maresciallo Tito affermerà: “Abbiamo avuto l'onore di scontrarci con i Cavalleggeri di Alessandria”.
Anche a tanti anni di distanza sarebbe doveroso il giusto riconoscimento del valore dei cavalleggeri a Poloj.
Cavalleggeri di Alessandria, carica di Poloj, 1942 - Diorama
Il diorama.
La piccola rappresentazione ricorda la carica del Cavalleggeri di Alessandria a Poloj-Perjasica contro le formazioni partigiane jugoslave titine.
L’impeto dei cavalli e dei cavalieri riesce a sfondare – seppure a duro prezzo – gli sbarramenti nemici.
I soldatini sono in scala 1/72 delle italiane Waterloo 1815 (“Italian Cavalry WW II”) ed Esci Ertl (“Russian soldiers World War Two”).
I colori utilizzati sono gli acrilici Model con pennelli “tre zero” e “quattro zero”, mentre l’ambientazione è ottenuta in gran parte con elementi naturali: legno, pietre, foglie secche, licheni, ecc. Alcuni alberelli sono in plastica.
Bibliografia.
Io sono il figlio del Maresciallo Maggiore Cosimo Caramia del 14° Reggimento Cavalleggeri d'Alessan. e sia io sia mio fratello maggiore siamo nati a Palmanova (1933 e 1931) dove dal 1930 si trovava il suo reggimento. Molte di quelle cose da voi riportate me le ha raccontate quando, per una licenza premio, era riuscito a venire per alcuni giorni a casa (e poi tante altre volte ripetute). All'inizio del 1943 sono finito in collegio al Bertoni a Udine (dove c'era un rifugio antiaereo), poi all'Università Padova e poi a Modena. Vorrei però ritornare, prima di morire, almeno per un giorno a Palmanova. Chi vuol sapere di me scriva su Google: Prof. Giuseppe Caramia e troverà il mio Curriculum.