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Arsenale di Venezia - 1918
La torpedine semovente Rossetti, denominata "Mignatta", venne realizzata in due esemplari (S.1 e S.2) nell'arsenale di Venezia tra la primavera e l'estate del 1918 su progetto del Cap. del Genio Navale Raffaele Rossetti.
Derivata dal siluro italiano V57, era lunga 8 metri, pesante 600 kg e con un diametro di 60 cm; era mossa da un motore ad aria compressa di costruzione Schneider, cui erano state calettate due eliche quadripala, e che consentiva una autonomia nell’ordine delle 10 miglia, alla velocità di circa 2 nodi (3,7 km/h).
Era dotata di due cariche ad alto esplosivo, contenenti ciascuna 175 kg di tritolo con spolette ad orologeria dalla regolazione massima di 6 ore, sistemate una dopo l'altra a proravia e quella anteriore era provvista di una specie di ogiva troncoconica per facilitare l'avanzamento in acqua del mezzo.
Il corpo centrale, rivestito di doghette di legno fermate da numerose cerchiature in rame, conteneva il grosso serbatoio dell'aria compressa e un congegno di autodistruzione, costituito da una piccola carica ad orologeria; in corrispondenza del baricentro era sistemata una braga metallica con un golfare per la sospensione del mezzo nelle operazioni di messa a mare e recupero.
A poppavia del corpo centrale, era collegata una sezione troncoconica che conteneva la macchina e una piccola cassa esauribile, a mezzo d'aria compressa, per il controllo dell'assetto longitudinale.
L'apparecchio era sprovvisto di timone: per modificare la direzione di marcia i due operatori dovevano provvedere ad aumentare la resistenza all'avanzamento sul lato verso cui volevano accostare, protendendo in fuori braccia e gambe.
Unico comando per la propulsione era la chiave della valvola di registro per aprire, chiudere o regolare l'afflusso dell'aria compressa dal serbatoio alla macchina; altre valvole comandavano il riempimento o lo svuotamento della cassa di assetto poppiera.
Gli operatori potevano sedere a cavalcioni del semovente, uno dietro l'altro navigando in pratica in affioramento, ma in tale configurazione, quando in moto, l'apparecchio assumeva un assetto alquanto appoppato e il secondo uomo si trovava immerso sin quasi al collo.
Per questa ragione, gli stessi preferivano farsi trascinare dal semovente stando in acqua sui due lati, sorreggendosi all’apposito maniglione fissato al corpo centrale e assicurati anche tramite un cavo.
A quei tempi non esisteva l’autorespiratore: gli operatori erano dotati solamente di un costume in tela impermeabile con collo rivoltato, chiuso sul davanti da fermagli metallici e ai polsi da anelli di gomma e completato da un cappuccio non stagno che lasciava liberi gli occhi e le orecchie.
Arrivati sull'obiettivo, nuotavano in apnea sotto la chiglia della nave nemica e agganciavano le cariche con un sistema a calamita o elettromagnetico, da cui il nome di "Mignatta".
Nella notte tra il 31 ottobre e il 1 novembre 1918, il Cap. del Genio Navale Raffaele Rossetti in unione al Ten. Medico Raffaele Paolucci, si infiltrarono con la torpedine S.2 nella base nemica di Pola, provocando con una prima carica applicata alla chiglia l’affondamento della nave da battaglia imperiale Viribus Unitis e prima di abbandonare il semovente con l’elica in moto, attivarono la seconda carica; il mezzo percorse circa 500 m e finì la sua corsa sotto la poppa del piroscafo Wien ormeggiato, esplose e provocò l’affondamento anche di questa seconda nave.
L’affondamento della corazzata Viribus Unitis
Il conflitto mondiale terminò pochi giorni dopo e l’altra torpedine S.1, sopravvissuta, è tuttora conservata come cimelio presso il Museo Navale di La Spezia; si può notare nella foto che l’elica quadripala installata è ancora singola.
Il diorama in scala 1:35
È il mio primo diorama dedicato alla Grande Guerra, dove in questo contesto ho cercato di ricreare un’ambientazione storicamente verosimile, in mancanza al riguardo di idonea documentazione sia fotografica che descrittiva.
Anche in questo caso ho scelto un soggetto poco conosciuto ma che ha avuto sul finire del conflitto una enorme risonanza per via di quell’unica riuscita missione, grazie soprattutto all’inventiva e all’eroismo dei due subacquei-sabotatori, precursori dei nostri mezzi d’assalto impiegati nella 2ª Guerra Mondiale.
Da un quadrotto di materiale isolante edile ho ricavato un tratto di banchina, lavorandolo in modo da ricavare da un lato la scaletta e parallelamente dall’altro una rampa di accesso all’acqua.
Ho steso quindi dello stucco bianco extrafine, creando alcune zone non complanari e sul quale, una volta asciutto, ho inciso sia la pavimentazione che i paramenti verticali in formati diversi, dando anche decisi segni di usura e di deterioramento; ciò perché ho immaginato che le prove in acqua della Mignatta si svolgano in una zona appartata e parzialmente in disuso dell’Arsenale.
Non ho volutamente lastricato la rampa, l’ho idealmente ricoperta semplicemente con una gettata di cemento su sottofondo di pietrisco, dopo averla opportunamente sezionata con tavole di legno poste di costa e realizzando su un lato con piastrelle rettangolari dai bordi arrotondati anche il relativo camminamento, dotandolo a fine rampa di una fune di sostegno/corrimano fissata a muro.
La banchina così finita è stata colorata esclusivamente a pennello con acrilici Tamiya e Vallejo, con un mix di tonalità, sfumature e invecchiamento; successivamente l’ho posizionata, incollandola, su di una tavoletta in medium density da 33x25x1,5 cm, i cui bordi sono stati verniciati con colore noce medio satinato.
Per riprodurre il tratto di mare, in questo caso dalla superficie dell’acqua leggermente mossa perché immaginato racchiuso in un ambiente protetto dai flutti ondosi, ho dapprima dipinto il fondo con il Tamiya blu scuro, miscelato con il verde di due tonalità e poi, una volta asciutto, ho steso più strati intervallati di liquido Toffano per l’effetto acqua, successivamente del gel acrilico brillante della Vallejo per simulare il lieve movimento ondoso e infine del gel acrilico opaco dell’Abbiati Wargames per l’effetto increspatura dello stesso movimento ondoso.
Alla stesura della prima mano di gel, ho sparso frammenti di filamenti naturali di posidonia che, in sospensione sospinta dal moto ondoso, si accumula soprattutto negli angoli e lungo le pareti della banchina (intrecciati sotto forma di bozzoli o palle di color marrone si trovano sulle nostre spiagge e che insieme ad altri "reperti" ho l’abitudine di raccogliere in piccole quantità, con lo scopo di poterli utilmente impiegare nelle future realizzazioni dioramistiche).
Infine, la banchina stessa è stata accessoriata con un paio di bitte di ormeggio, una scaletta metallica dai pioli staffati a muro, una caditoia con accanto un piccolo ristagno d’acqua e un palo in legno che, avvolto parzialmente da una gomena quale parabordo, ho ricavato da…una radice di liquerizia.
Come arredo ho aggiunto del cordame, un paio di tavole in legno, un barile, un secchio, una cassetta di legno in cui ho inserito vari attrezzi e alcune casse di diverse dimensioni con annesso un carrellino di trasporto, il tutto di provenienza dalla mia banca pezzi.
Ho anche postato da un lato della rampa una gru a comando manuale, con relativo contrappeso, della Verlinden, quale necessario supporto per la messa in acqua e il rimessaggio di materiali e/o piccoli mezzi.
La Mignatta è della Italiankits, un ottimo prodotto in resina: semplice, ma ben dettagliato e preciso; a montaggio finito, dopo una spruzzata di primer in bomboletta color grigio, l’ho colorata a pennello con una miscela di acrilici color verde Tamiya XF-58 e 81, per poi procedere a un lieve lavaggio e a una leggera usura.
Ho preferito sostituire il supporto a slitta previsto nel kit, con un altro dotato di ruote e barra di guida prodotto dalla francese U-Models, più consono in questa ambientazione alla movimentazione della Mignatta; lateralmente, in corrispondenza delle due selle d’appoggio di testa, ho fissato quattro ganci ad occhiello metallici necessari ad assicurare con funi la torpedine stessa.
Su questo sostegno ho anche inserito sul frontale anteriore una barra e su quello posteriore un anello metallici necessari per l’aggancio di un paranco, fissato a pavimento all’inizio della rampa e composto da due carrucole, al fine di alare e recuperare il carrello stesso.
Ipotizzando che la portata di quel tipo di gru non sia sufficiente al sollevamento diretto della torpedine, ho così progettato un sistema alternativo riducendo, in questo caso, l’uso della stessa gru al semplice accompagnamento e al sostentamento del mezzo in acqua mediante l’aggancio al golfare, prima della sua operatività.
Per la cronaca, questi sostegni su ruote sono stati realizzati dai tedeschi nella 2ª G.M. per il trasporto dei siluri pilotati U-Boot Neger e Marder, come da sottostante documentazione fotografica, scegliendo di realizzare quello in legno, più adatto all’epoca dell’ambientazione.
Kit della U-Models
Ho completato il diorama con l’inserimento di tre figurini: i due operatori subacquei sono della U-Models, mentre l’operaio/meccanico è della Model Victoria.
Avrei preferito postare un paio di ufficiali o marinai della Regia Marina nelle loro uniformi, purtroppo non esistono sul mercato figurini di questi militari in scala 1:35 risalenti alla Grande Guerra, quindi ho usato solo una figura generica in tuta, anche se la divisa di lavoro o da fatica in quel periodo era costituita da pantaloni a gamba larga e da soprastante camisaccio a maniche lunghe in tela Olona di color grigio chiaro; mentre i due sub sono più integrati, anche se sono stati realizzati per affiancare il modellino del Siluro a Lenta Corsa "Maiale" operante nel secondo conflitto mondiale.
Non essendo un figurinista, anche se appassionato da sempre dei "soldatini", ho subito scartato la possibilità di avventurarmi in un’autocostruzione o in un ipotetico assemblaggio con componenti di diversa estrazione.