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Auguste Piccard, fisico ed esploratore svizzero, progettò questa capsula sferica pressurizzata che, sostenuta da un pallone aerostatico, raggiunse per la prima volta la quota di 16000 m, oltrepassando così la troposfera al fine di raccogliere dati, osservazioni e studiare gli effetti delle radiazioni cosmiche nella stratosfera.
Insieme al suo assistente Paul Kipfer furono a tutti gli effetti i primi cosmonauti della Storia (così come vengono classificati a tutt’oggi dalla NASA), che compirono l’impresa il 13 Maggio 1931, innalzandosi dal suolo ad Augsburg in Baviera e atterrando 17 ore dopo sul ghiacciaio di Gurgl in Austria.
Qui trascorsero la notte e il giorno seguente furono recuperati sani e salvi.
I due temerari, assomiglianti proprio ai personaggi del film "Quei temerari sulle macchine volanti", indossavano stravaganti copricapo, costituiti da cestini di vimini rovesciati imbottiti con cuscini che, come spiegò lo stesso Piccard, avevano le seguenti funzioni:
protezione della testa contro i colpi dovuti ad eventuali sballottamenti;
contenitori di oggetti vari che potevano servire in caso di urgenza;
uso dei cuscini sia come seduta sulle loro sedie anch’esse di vimini che come salvagente in caso di un eventuale ammaraggio, dato che i cuscini stessi erano imbottiti di un particolare tessuto, formato da fibre vegetali ricavate dai frutti dell’albero Kapok, con notevoli proprietà di galleggiamento.
La batisfera, costruita interamente in alluminio, era verniciata per metà di nero che esposta al sole si scaldava e l’altra rimaneva del suo colore naturale mantenendosi così più fredda; in tal modo, facendo opportunamente ruotare il pallone, potevano regolare la temperatura interna della sfera stessa.
Essa aveva un diametro di 2,10 m con un peso a vuoto di 136 kg ("Il più piccolo spazio nel quale possono stare due osservatori con una certa quantità di strumenti", come disse Piccard), era dotata di otto piccoli oblò e presentava, sporgenti sulla superficie sferica due sportelli d’accesso, un’apparecchiatura scientifica cilindrica per raccogliere campioni d’aria, un volano di comando funi e sulla sommità otto perni per l’ancoraggio al soprastante pallone.
Quest’ultimo, gonfiato con idrogeno, aveva un diametro di 30 m con un carico utile di 1000 kg e la sua copertura verniciata di giallo era composta da due strati di cotone uniti da uno strato intermedio di gomma.
Al decollo aveva la forma di pera e solo in altitudine quando la pressione calava che il pallone diventava sferico.
Per la sua costruzione ebbe il finanziamento dal Fonds National de la Recherche Scientifique belga, da cui la denominazione F.N.R.S. 1.
Piccard non si limitò alle ascensioni stratosferiche, ma grazie al suo ingegno, effettuò nel 1948 e nel 1954 due immersioni marine con i primi modelli di batiscafo sferici, denominati rispettivamente F.N.R.S. 2 e 3, raggiungendo le quote di 1308 m e 4050 m di profondità.
Nel Gennaio del 1960, il nuovo batiscafo Trieste da lui progettato e costruito in Italia, ma con a bordo il figlio Jacques e Don Walsh della U.S. Navy, raggiunse la profondità di 10917 m nella Fossa delle Marianne, presso l’isola di Guam nell’Oceano Pacifico, stabilendo così un nuovo record.
Ma questa è un’altra storia...
Batiscafo Trieste
Il modello scala 1:35
La sfera con il relativo figurino è della Scientificmodels, produttore italiano specializzato nel realizzare modelli su basi scientifiche e che ho piacevolmente scoperto nel mio girovagare nel web in cerca, come mia consuetudine, di modelli poco conosciuti e originali.
Il kit, di alta qualità, è in resina con parti ottimamente rifinite e precise, per cui non ho avuto alcun problema ad assemblare il tutto e prendendo spunto dalle seguenti foto d’epoca, ho così ambientato questo piccolo diorama.
Su una base di masonite da 14x14 cm, supportata ai lati da listelli di pioppo e incorniciata da profilati in legno ramino da 35 mm di altezza, ho spalmato della pasta della Vallejo composta da pietra pomice grigia e resina acrilica, per formare così il pavimento del capannone che ho successivamente scartavetrato e sporcato con un tondino di grafite.
Quindi ho posato, preventivamente verniciato con acrilici, un tratto di binario in plastica con relative traversine, che ho accorciato internamente per ridurre lo scartamento, visto che i binari non dovevano supportare un convoglio ferroviario, ma un semplice carrello di servizio da movimentare manualmente.
Il pianale di quest’ultimo è formato dall’unione di alcuni listelli di noce, sostenuti da traversi che a loro volta poggiano opportunamente sugli assi delle ruote e sul quale ho posizionato una struttura quadrata formata da listelli di tiglio, che funge da base di appoggio della batisfera.
I due tipi di legno sono stati trattati prima con impregnante all’acqua della Syntilor, poi con un mix di acrilici per evidenziarne la diversità.
La sfera, fissata alla base con un tondino di ottone, è stata verniciata con colori Green Stuff World, una metà in nero opaco e l’altra in alluminio.
Come visto nella foto precedente, ho anche interposto tra quest’ultima e la struttura di sostegno un pezzo di stoffa in cotone.
Con corda da modellismo navale ho realizzato i cavi di sostegno per ingabbiare la sfera e poi con laboriosi intrecci tra i perni di ancoraggio e il soprastante cerchio di carico l’ho sospesa al gancio di sollevamento di un carroponte, sempre come da immagini d’epoca.
Infine, ho vetrato gli otto oblò con il liquido Synthaglass della Toffano.
Fanno parte del kit anche dei sacchetti a forma cilindrica sempre in resina, che nella realtà venivano appesi esternamente per fungere da zavorra al pallone aerostatico, ma che ho preferito sostituire con quelli della canadese Thachweave, a mio avviso dall’effetto più realistico.
Questi sono in cotone color beige, fatti a mano con già incorporati i relativi lacci di chiusura, che, dopo averli immersi nel the per un certo tempo e sporcati/usurati leggermente, ho riempito con sabbia, per poi posizionarli.
Ho completato il diorama aggiungendo un paio di scale, del cordame, una cassetta porta attrezzi provenienti dalla mia banca pezzi e inserendo alla base una lastrina in ottone con inciso il nome.
Il tutto é stato sistemato in una teca in metacrilato della Essebiemme sulla cui sommità ho praticato un forellino per far passare un filo di nailon da pesca 0,20 che, unito alla corda con gancio, ho poi fissato alla base sul retro, per sostenere così in tensione tutto il cordame sfera/cerchio di carico/gancio.
Ho ideato questo sistema anche per avere sempre la possibilità di sollevare e scoperchiare la teca; infatti, dopo aver sganciato il filo alla base, posso guidarlo per un atterraggio morbido del cordame sulla sfera stessa, senza provocare alcun danno.
Infine, un sentito ringraziamento all’amico Leonardo Petroli che ha realizzato le foto del diorama, ma anche una doverosa premessa: vista l’originalità del personaggio e non essendo un abile figurinista, ci tenevo che in questa realizzazione il Piccard fosse dipinto al top, per cui non ho esitato ad affidarlo alle cure dell’amico Marco Bariselli, al quale vanno i miei complimenti per la sua professionalità.
Bibliografia e immagini.
... Ecco.. Bene...
E con questa tua ultima opera posso dire Ancora una volta che per me sei il miglior modellista sul pianeta!!!
ECCEZIONALE IN TUTTO!
MA SOPRATTUTTO COME PERSONA!
colgo occasione per augurarti ed augurare buone feste a tutti.
Ciao amico mio.
Un abbraccio forte forte.
Alby
Grande Dino, dalla profondità del mare alla stratosfera... con questo hai superato te stesso. spettacolare, il figurino è fantastico....
MI PIACE al cubo...
al prossimo Ezio
a Tutti gli amici vicini e lontani di KITSHOW, al nostro Giacomo (Giaba) un sincero augurio di Buone Feste
Ciao Dino,
bella storia ed ottima realizzazione.
Grazie per questa tua vena di ricerca su soggetti inusuali.
Pietro
semplicemente un capolavoro.originale.. eseguito magistralmente.. senza parole.. caro Dino mi associo ad Alby.. sei unico anche tu.
tanti auguri per le prossime festivita a tutti voi e in particolare al caro ed infaticabile Giacomo.
Giampaolo
.......... il genio!!!!!! ...... e basta!!!!
Sei un grande 👍👍👍😀😀👏👏👏👏
Conoscevo Piccard solo in merito al batiscafo Trieste ed ero completamente ignaro delle sue imprese stratosferiche. Ti ringrazio quindi di aver colmato questa mia grave lacuna con un modello ed una narrazione degli eventi davvero magistrale.
Saluti carissimi
enrico
Straordinaria realizzazione, e credo unica nel suo genere Grazie per la condivisione. Opera geniale
Enrico
Ciao Dino, una sola parola: SPETTACOLARE!
Auguroni di Buon Natale a tutti voi.
Francesco
Azz... è un coso che vola... prima o poi lo cerco e te lo copio... troppo bello, intrigante e meraviglioso... anche se sicuramente non sarà all'altezza del tuo... con affetto
Ezio
Ringrazio tutti per gli apprezzamenti generosi...
Ne approfitto per augurarvi Buone Feste e in particolare al ns. webmaster Giaba.
Dino
Ecco il fanalino di coda.....!!!!!
...come sempre, ultimamente ci stupisci sempre con oggetti strani del passato... bello tutto dall'idea alla realizzazione fino alla fine... tutto in una stupenda armonia e ricerca storica.
Davvero sempre i miei più sinceri complimenti.
Spettacolare sotto tutti gli aspetti, modello creativo, eccezionale la sua realizzazione modellistica, stupendo il report e favolose le immagini fotografiche, Chapeau Maestro e Auguri.
Dino, bravissimo, ogni tua nuova realizzazione supera la precedente per origenialita' fantasia e realizzazione.
....ciao Dino.... per me te mangi pesante la serae la notte non dormi.... e t'inventi cose strane, hai qualche amico in qualche vecchia biblioteca, stampi su carta d'epoca queste cose turche e fai in modo che capitino in mano a qualcuno che fa kit e il gioco è fatto.... non vedo altra spiegazione alla tua ECCEZIONALE politica di far modellismo, e ti prego di continuare cosi...
un abbraccione Maurizio
Scusami per il ritardo Dino, come sempre originale nella ricerca di soggetti non comuni, ho letto con curiosità le gesta di questi personaggio
Tutto molto bello e realizzato in maniera impeccabile con la teca essebiemne e il figurini sta e l'amico fotografo hai completato questo capolavoro