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Kit ESCI - scala 1/48
A proposito di armadi.
Credo che ogni modellista debba fare i conti con "l’Armadio", cioè il posto ove custodiamo (o meglio occultiamo) tutte le scatole di montaggio comprate negli anni in cui l’unica legge che regna sovrana è quella dell’accumulo.
Tutti i giorni, come dei Gollum, ne guardiamo rapiti il "tessoro" contenuto e se da una parte l’Armadio ci ammonisce con una vocina che dice "ma quando mai le farai centinaia di scatole se a malapena fai 3 modelli l’anno e continui a comprarne altre???’", dall’altra, la vocina con soddisfazione ci dice anche: "...hai fatto bene a prendere altre 10 scatole di Phantom, non si sa mai...", oppure, a giustificazione del tutto, ci fa sognare investimenti improbabili del tipo "...hai visto mai che questo kit fra qualche anno varrà milioni di Euro?? (manco avessero le "box art" dipinte da Van Gogh in persona!).
L’Armadio dunque si nutre di scatole accumulate e, come una creatura Lovecraftiana, ne reclama sempre di più, mai pago.
Mai sentito di modellisti scomparsi, fagocitati dall’Armadio perché non avevano portato a Lui il tributo di nuove scatole essenziali per il Suo nutrimento… solo leggende??? Paura eh??? Scherzo ovviamente (non su tutto però).
Il kit.
La scelta di montare questo kit riflette tale premessa: kit ESCI "F4E Nam Raider" 1/48, vecchissimo, comprato nel 1988 o giù di lì (stampo primi anni ’80) sepolto e seminascosto tra svariate altre scatole che mi ero completamente dimenticato di avere.
Pur ben conscio delle difficoltà che avrei incontrato nel montaggio eppure, alla fine, preso come da un impulso, ho cominciato ad armeggiarci su!
Inutile dire che il kit ESCI è povero come dettaglio superficiale, le pannellature sono in negativo un pò pesante, gli interni sono strabasici, gli incastri grossolani e con alcuni particolari sballati (a proposito il reinscatolamento Italeri di qualche anno fa è lo stesso kit con decals migliorate quindi valgono le stesse considerazioni).
Se però sorvoliamo su queste "piccole" cose e vediamo il bicchiere mezzo pieno vi dico anche che: le linee generali, secondo me, sono più azzeccate dei Phantom "E" dell’Hasegawa... è ben fornito di carichi... la plastica è morbida e lavorabile... le incisioni pesanti alla fin fine, viste le tante stuccature/lisciature cui sarà sottoposto il modello e la mimetica tipo SEA, non danno fastidio più di tanto, anzi, ecco che abbiamo quella che si definisce una buona base di partenza per il dettaglio.
La versione del Phantom proposta dal kit ESCI è una "E" dei primi lotti di produzione e vengono pertanto correttamente forniti l’ala detta di tipo "hard", cioè priva degli slats di manovra, gli stabilizzatori slatted e la scelta tra due tipi di volata del cannone M61.
Questo kit però nasce attorno alle versioni a naso corto del phantom (C/D/J) ed alcuni particolari tradiscono questa impostazione: le piccole prese d’aria anteriori sul muso sono infatti di forma sbagliata ed in coda è presente un pitot in più.
Nel primo caso bisogna sostituirle o ricostruirle, nel secondo basta un colpo di lama!
Quindi in definitiva come debba essere considerato il bicchiere dipende solo da noi: se guardiamo il kit con gli "occhi della tigre" questo è consigliabilissimo….
Se invece preferiamo dedicare prezioso tempo libero ad altri dettagli, lasciamolo perdere.
Montaggio: "...Redrum... redrum... redrum..."
La pazzia si è impossessata di me e visto che nessun esorcista girava da queste parti per liberarmi da tale forza malefica, come Jack Nicholson nel film "Shining", ho cominciato a brandire... il taglierino e mi sono messo a rivettare piano piano tutto il velivolo, buco per buco, un buco, alla volta, ali e fusoliera!
Soddisfatto lo spirito immondo ho provveduto a rifare le piccole prese d’aria laterali del muso usando l’alluminio di una lattina arrotolato su una limetta di sezione convessa usata come dima.
Per gli interni ho sfruttato alcuni pezzi ESCI (vasca) incrociandoli con altri di un kit Hasegawa del Phantom (sedili e cruscotti), migliorando il tutto con autocostruzione ed aggiunta di cavetti.
Il cinghiaggio dei sedili proviene da un set Eduard.
Volevo anche sostituire gli scarichi dei motori J-79 ma qui i pezzi Hasegawa non si adattano bene in quanto troppo larghi ed allora ho migliorato quelli della scatola.
Ho aperto e ricostruito, per sfizio più che altro, il ricettacolo per il rifornimento in volo ed aggiunto, ricostruendola, la piccola presa d’aria di sfiato del cannone presente sul lato dx superiormente al muso che rimane normalmente aperta quando il velivolo è spento a terra.
Vi ho brevemente esposto solo su cosa sono intervenuto io perché i margini di miglioramento sono talmente ampi che alla fine l’unico limite al lavoro possibile rimane l’abilità e la voglia di fare.
Fatto ciò che precede (dopo mesi!) è cominciato il montaggio e qui, purtroppo, si nota tutta l’anzianità del kit, un vero festival del "crick e crack", di gemiti dovuti a forzature della plastica a prendere un corretto posizionamento e fiumi di cianacrilato.
Qui c’è poco da fare: tanta colla, stucco, pazienza e olio di gomito.
Verniciatura
Ho proceduto in maniera un po’ particolare in quanto posseduto anche qui da forze malefiche che mi hanno messo in testa una cosa: perché verniciare sempre allo stesso modo e invece non provare, usando gli stessi concetti in maniera un po’ diversa, qualcosa di nuovo??? In altre parole nel verniciare i miei modelli ho sempre seguito la regola del postshading con il colore nei pannelli (guardando dall’alto) che va schiarendo man mano che si procede verso l’interno come nello schema seguente.
Postshading
Vedendo invece come i colleghi carristi sfruttano la modulazione del colore per verniciare i loro modelli mi sono riproposto di provare qualcosa del genere quindi ho semplicemente spostato il punto di vista: anziché "guardare da sopra" (luce zenitale come nel postshading classico) mi "sposto" un po’ più al lato (tipo guardando parallelamente) ottenendo in questo modo:
Esempio di possibile distribuzione modulata del colore su di una superficie
Ovviamente sto solo parlando di teorie e forzature nella rappresentazione di come la luce, colpendo una superficie colorata può modificare la percezione visiva del colore stesso.
Questo perché alla fin fine, in realtà, un verde sempre verde rimane! Inoltre teniamo presente che un aereo è diverso come forme da un mezzo corazzato (ampie superfici piatte e angolate) quindi prendete tutto con le pinze ed immaginate che il modello sia un quadro.
Detto ciò in pratica, immaginando un ala, quello che mi sono riproposto di fare è questo:
Esempio di possibile distribuzione del colore nella modulazione
e questo è il primo risultato con le luci e le ombre applicate ad una mimetica del tipo SEA:
In effetti è un po’ inquietante, diverso da ciò che normalmente viene fuori con un posthading classico, però alla fin fine la cosa mi intricava, mentre l’unico dubbio era: quanto i successivi trattamenti avrebbero spento e reso meno enfatizzato tale effetto?? L’esperienza mi diceva di lasciare tutto così ma, non avendo mai provato nulla del genere, ho comunque provveduto ad ammorbidire un po’ i contrasti spruzzando ulteriori tonalità della mimetica meno schiarite (vi anticipo che i successivi passaggi hanno però smorzato di molto quanto vedete nelle foto precedenti).
Fatto ciò i successivi passaggi sono stati i classici lavaggi, vernici trasparenti finali e scrostature varie nelle zone di camminamento (nel frattempo erano passati quasi 6 mesi dal primo colpo di cutter!!!).
Per i carichi, volendo rappresentare un Phantom impiegato durante il conflitto del VietNam nei primi anni ’70, ho cercato una configurazione tipica del periodo.
Ho optato quindi per una configurazione MigCAP:
4 AIM7 Sparrow, 4 AIM9 Sidewinder e tre serbatoi supplementari.
Inoltre ho modificato, prelevandolo da un F111 Academy, un pod ECM ALQ-87 in uso in quel periodo come disturbo elettronico.
In realtà avrei voluto metterne due, tipicamente montati sotto gli agganci ventrali anteriori al posto degli Sparrow, ma ahimè uno mi si è rotto in fase di modifica, quindi ne ho messo uno solo sotto al pilone interno Dx.
Si è rivelato molto utile il volume "...and kill Migs" della Squadron Signal dedicato appunto ai MigKiller USAF/UsNAVY della guerra del VietNam.
In questo volume troviamo moltissime foto di Phantom con stelline rosse di accreditamento di vittorie sui Mig avversari, tra i quali, l’esemplare che ho scelto di riprodurre.
La mia scelta è caduta sul Phantom F4E "JJ - 68-493" del 34° TFS – 388° TFW, basato a Korat nel 1972 (le lettere J J in coda e la "sharkmouth" sono state dipinte con mascherine... i numerali no, sono decals: ahimè... non sono così bravo).
Il 5 ottobre 1972 l’equipaggio ai comandi dell’F4E "JJ-493" call sign "Robin1", pilota Cap. Coe e dal WSO Ten. Webb, nel corso di una missione di protezione ad una forza di attacco abbatteva nei cieli del Nord Vietnam un Mig21 (più forse un altro probabile ma non confermato).
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Una domanda alla fine mi è rimasta in testa: fù vera gloria quella dei Phantom in VietNam???? Qualche dubbio mi viene leggendo le cifre delle perdite (più di 400 velivoli) e le critiche mosse principalmente dai piloti dell’USAF (non dimentichiamo però che il Phantom era nato per l’UsNavy e i suoi diktat ed imposto successivamente all’Air Force) compendiate secondo me nella frase del Ten. Col. Berke: "il Phantom non era il miglior velivolo... era solo il meglio di cui potevamo disporre" ed in effetti, vedendo l’inventario dell’USAF di quei tempi, alla fine l’adozione del Phantom fu’ una benedizione.
I successivi caccia F15 ed F16 infatti sarebbero stati progettati con filosofie molto diverse!
Conclusioni e considerazioni.
Al termine del lavoro ammetto che questo Phantom ESCI me lo guardo e riguardo con soddisfazione.
In questa scala, pesantemente caricato, è un modello poderoso ed accattivante anche se necessita di molto lavoro.
Riuscire a portare a compimento tale kit, che avevo già affrontato da "teen ager" nelle versioni C e J, mi ha permesso però di poter applicare su di esso l’esperienza accumulata negli anni regalandomi, oltre ai ricordi (e rimpianti?), la possibilità di poter agire diversamente in situazioni modellistiche già vissute.
Peccato ciò non possa accadere anche nella vita.
In conclusione amici spero che il risultato vi piaccia e, soprattutto, non mancate di farmi conoscere critiche, pensieri e consigli relative alle "filosofie" di verniciatura usate su questo modello e possibili miglioramenti!
Un doveroso ringraziamento va a tutti gli amici del forum "Modeling Time" per gli aiuti, i preziosi consigli e gli incoraggiamenti durante questa lunga maratona modellistica!
Saluti
Massimo Maria De Luca - “Pitchup” [Gallery] 26.04.2012 |