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Anche in questo caso, sotto le mentite spoglie del marchio Italeri, si cela uno stampo di provenienza ESCI.
Devo ammettere che il recupero di questo e di altri stampi da parte della casa bolognese non mi disturba affatto, anzi!! Aggiungo infine poi che le versioni primitive dell’Harrier (Gr.3 e "Sea Harrier") sono da sempre le mie preferite rispetto alle varianti più moderne AV-8/Gr.5 in poi.
Diciamo subito che Il kit, seppur sotto certi aspetti basico, risulta abbastanza fedele come linee, è finemente inciso e si monta anche facilmente con un uso dello stucco tutto sommato nella norma.
Se poi però vogliamo spingere un po’ più a fondo il dettaglio della nostra riproduzione questo è la mia personale scaletta dei lavori eseguiti rigorosamente in scratch affidandomi al fido buon vecchio plasticard di spessori e sezioni varie:
1. Abitacolo: sul vero Harrier il cockpit è molto angusto ma sul modello c’è spazio comunque per qualche lavoretto: per prima cosa ho rifatto il cruscotto aggiungendovi la pulsantiera dell’HUD.
Il sedile del kit è davvero misero.
In questo caso disponevo di due opzioni per un cambio: in resina ed in metallo.
Entrambi però risultavano notevolmente sovradimensionati.
Allora ho preso il sedile originale ed usandolo come scheletro e dima ho proceduto alla sua ricostruzione integrale (cuscini, poggiatesta e cinghie varie).
2. Prese d’aria: Brutte notizie! Purtroppo quando i nostri Harrier sono a terra i flabelli mobili delle prese d’aria sono sempre aperti.
Armandomi di santa pazienza ho tagliato i flabelli stampati solidali ai pezzi delle prese d’aria ricostruendoli uno ad uno.
3. Parabrezza: ho aggiunto un piccolo rigonfiamento alla base per rappresentare la carena del perno di rotazione del tergicristallo (quest’ultimo rifatto poi con filo sprue stirato).
4. Tettuccio scorrevole: quello fornito è in pratica solo una "calotta" trasparente priva di qualsiasi dettaglio della struttura interna che dovrà essere quindi ricostruita in plasticard.
5. Ricostruzione tappi anti-Fod: sono fatti in plasticard sagomato ed incollato (con l’aggiunta di manigliette di filo di rame).
6. Pozzetti carrelli: quello delle ruote principali difatto non esiste ma tanto, poiché a terra è totalmente chiuso dai portelli, è inutile perderci troppo tempo.
Per quello anteriore ho solo ricostruito con plasticard il tetto e le pareti laterali giusto per non lasciare il "buco" spoglio.
7. Ricostruzione sensore "I-band": durante il conflitto della Falkland / Malvinas gli esemplari Gr.3 inviati in quel teatro di operazioni furono equipaggiati con questo sistema elettronico.
In pratica è riconoscibile per la gobba sotto il muso.
Io l’ho riprodotto con plasticard spesso, incollato, sagomato e raccordato.
Ho infine aggiunto sulle semiali dx e sx anche due nuovi scarichi rapidi del carburante (sul modello sono appena accennati) rifatti con sezioni di plastirod tubolare.
Colorazione:
La colorazione è il classico "schema NATO" anni ’80 (verde 34079 e grigio 36152 wrap around).
Per questi colori (tenendo presente che i colori Tamiya non hanno un vero e proprio riferimento Federal Standard) mi sono affidato all’ "occhiometro" ed alle foto.
Alla fine ho optato per l’XF13 (verde) e per l’Xf54 (grigio).
La fase della colorazione è quella che più mi esalta nel modellismo in quanto si riesce veramente a dare vita ad un pezzo di plastica.
Tradotto in pratica, significa che non riesco ad immaginare un colore dato "puro" ma mi piace invece molto lavorare sui toni.
Le tecniche che uso sono arcinote (il postshading in particolare).
In questo caso ho cercato di ottenere una dominate azzurrina nello schiarimento del grigio Xf54 mentre, per il verde Xf13, mi sono affidato al sabbia.
In altre parole non ho usato semplice bianco per schiarire i colori al centro dei pannelli ma ho scelto una "dominante" verso il quale il colore risultante deve "virare" usando il rosa e l’azzurro per il grigio ed il sabbia per il verde (sempre gamma tamiya).
Ovviamente queste non sono altro che rappresentazioni e forzature della realtà ma costituiscono la mia filosofia per la quale il modello deve intendersi quasi fosse un quadro, o una foto, cercando di puntare sulla "drammaticità" ed impressione visiva anche a scapito del rigoroso Federal standard.
Sicuramente tanti non approveranno quest’ultima affermazione ma mi piace pensare che, magari, ognuno dei lettori potrà trarne spunti di riflessione e discuterne durante le sane riunioni tra modellisti (leggi magnate in pizzeria).
Tornando al nostro Harrier le sue forme "tormentate" si prestano poi molto bene all’ombreggiatura, mediante colore "NATO Black tamiya", diluito e spruzzato a bassa pressione nei recessi.
Dopo avere dato una mano di trasparente lucido si passa ai lavaggi ad olio "bruno scuro" e "nero" nei pannelli per conferire ulteriore profondità e magari sfruttare un po’ l’effetto filtro di questi colori quando ne leviamo l’eccesso.
Decals:
Sono quelle della scatola ed hanno funzionato bene.
Un'unica accortezza dobbiamo averla con i "Roundels" sulle prese d’aria.
Ricordate i flabelli aperti???? Bene! Gli inglesi ovviamente hanno messo le coccarde proprio sui flabelli (e finché questi sono chiusi poco male) ma siccome a noi invece piace farci del male, rappresentandoli aperti, bisognerà tagliare la coccardina (dx e sx) in tanti pezzettini e posizionarli sui singoli flabelli, ritoccando poi a pennello se necessario.
A proposito ho scoperto che il "Rosso vermiglio" e l’"Oxford blue" Vallejo sono ottimi per i ritocchi sulle coccarde inglesi.
Basetta e rappresentazione:
C’è da dire che nel caso dell’Harrier terrestre possiamo sbizzarrirci, diversamente da altri jet, confrontandoci con tipi diversi di terreno.
Infatti oltre al classico spezzone di pista aeroportuale in Tarmac potremmo anche rappresentare un terreno naturale ricoperto con grelle metalliche di una remota base avanzata.
Nel caso della guerra della Falkland/Malvinas i Gr.3 si involavano invece dai ponti di volo delle portaerei britanniche per fornire appoggio aereo e ricognizione.
Volendo rappresentare questa particolare situazione operativa mi sono cercato sul web delle foto del ponte della "HMS Hermes" per valutare l’andamento della segnaletica orizzontale e cercare di riprodurla.
Ho incollato su una basetta del "Leroy Marlen" un foglio di carta abrasiva 500 per simulare l’aspetto rugoso del ponte, poi, per mascheratura, spruzzando colori Tamiya, ho ottenuto le varie linee segnaletiche.
Ho caricato il modello in una possibile configurazione utilizzata durante la guerra: 2 serbatoi e 2 bombe Bl755 (ho preso quelle fornite nel kit Tornado della Revell).
Poi mi sono sbizzarrito nel riprodurre le strisce RBF bianco/rosse.
Devo dire che spezzano e fanno molta scena!
Ed eccolo finito il nostro piccolo Bae Harrier Gr.3 "ZX988" pronto al decollo per una missione contro le posizioni Argentine in quell’oramai lontanissimo maggio del 1982 in un luogo del mondo ancora più lontano.
Fatalmente questo velivolo fu uno dei 4 Harrier Gr.3 persi durante quella guerra dalla RAF.
Devo dire che ho completato il modello in tempi relativamente brevi considerati i miei normali ritmi di "lavoro".
Ora spero di affiancargli quanto prima anche il "fratellino marinaio", alias Sea Harrier, per completare il tema "Falkland/Malvinas" almeno dal punto di vista inglese (...spero vivamente prima del prossimo 2032 in occasione del 50° anniversario dallo scoppio del conflitto....ma sapete…prima ho una scaletta da rispettare piena di modelli da fare e che mi terrà impegnato almeno per i prossimi 10 anni!!!!).
Alla fine ringrazio come sempre per i preziosi consigli e critiche gli amici del forum "Modeling Time" e spero inoltre vivamente che questo lavoro sia gradito agli ottimi utenti e visitatori di "Kitshow"!