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A tempo perso, ho voluto creare una piccola guida per tutti coloro si volessero cimentare nella realizzazione di piccole basette o diorami, per voler ambientare i propri modelli senza volersi impegnare in nulla di particolarmente complicato e impegnativo in termini di tempo e materiali utilizzati, ma senza per questo rinunciare ad un’ambientazione credibile.
Prima di cominciare con la pratica, vediamo un minimo di teoria.
In una scenetta di piccole dimensioni, bisogna innanzi tutto non essere dispesivi, e creare un punto cui attrarre l’attenzione dell’osservatore; nel caso del Tigre, l’equipaggio in torretta.
Gli alberelli su entrambi i lati delimitano la scena, contribuendo a spostare lo sguardo al centro.
Mettiamo avessi voluto aggiungere uno o due soldati appiedati, li avessi messi dietro il caro avrebbero contribuito a rendere dispersiva la scena, meglio davanti, rivolti verso i due in torretta, dando l’impressione che stessero conversando, magari con un braccio alzato a indicare qualche cosa nella direzione verso la quale il carro si sta dirigendo.
Altro piccolo trucco è quello di non creare troppi parallelismi, e non sviluppare il diorama su un unico piano orizzontale.
Magari quest’ultimo punto è un po’ meno facile da seguire quando si parla di aerei su un aeroporto, ma a volte un piccolo canale di scolo, una siepe, un muretto paraschegge, possono aiutare.
Se pista in piano deve essere, almeno non realizzatela a livello della basetta o, peggio, incassata nella depressione di Qattara, rappresentata dalla classica cornice Ikea.
Vediamo come ho realizzato la basetta per il Tigre.
Presa la decisione di farla ridottisma, fatte due prove su dei pezzi di cartoncino e disegnata la piantina, ho ordinato una base in legno con il rialzo adatto a ricevere la teca in plexiglass che l’avrebbe ricoperta. Ho la fortuna di aver un amico che lavora per hobby il legno e me le fa per prezzi abbordabili.
Ho proseguito realizzando i volumi con del polistirolo estruso per edilizia, costa pochi euro a metro quadro, lo si trova nei grossi colorifici o nei negozi di materiali per edilizia.
Si taglia con una qualsiasi lama affilata, o con il classico archetto per il taglio del polistirolo, si cartreggia bene. Occhio a colori e diluenti aggressivi, lo possono sciogliere con facilità. Si può anche usare il classico polistirolo espanso, meglio però munirsi di un ottimo aspirapolvere, perché in breve vi troverete coperti di palline bianche che trascinerete dappertutto.
Incollato il polistirolo estruso sulla basetta con la colla vinilica (meglio graffiare un po’ le superfici per aumentare la presa), ho realizzato un piccolo bordino di contenimento con dei listellini alti 1 cm.
Una prova quando il tutto può essere ancora modificato non guasta, ho potuto verificare che c’era ulteriore spazio per un piccolo terrapieno nell’angolo posteriore destro. Anche l’idea del piccolo fosso con un po’ d’acqua mi è venuta in questa fase.
Si prosegue ricoprendo il tutto con il Das, procedendo per zone di medie dimensioni, dopo aver spennellato di colla vinilica l’espanso.
Sui fianchi e sul retro ho raccordato il Das con il bordino fatto con i listelli.
Per evitare che il mostro da 50 tonnellate sembri volare a bassa quota, meglio realizzare la stradina in un unico momento, tenendola umida per evitare che solidifichi in fretta, e pressando il carro, su un foglio di nylon per alimenti, onde evitare di sporcarlo. Se non vi fidate di lavorare col modello già a buon punto, assemblate il solo treno di rotolamento e lavorate con i cingoli ancora non fissati alle ruote. Con spezzoni di cingoli tratti dalla banca dei pezzi, ho impresso anche le impronte dei veicoli che hanno preceduto il nostro.
Non so se avete notato il rilievo al centro della stradina, quanti di voi hanno osservato che al centro delle carrarecce, spesso crescono l’erba o arbusti, perché non schiacciati dalle ruote? Una cosetta che costa nulla farle, ma aumenta notevolmente il realismo. L’unica vera difficoltà che incontro nel fare queste basette è riprodurre il caos della natura, la mentalità tecnica acquisita negli studi e sul lavoro, è di serio ostacolo, per cui cerco sempre di osservare un po’ di foto che ho fatto quando vado a camminare in collina, o foto scaricate da internet, nel caso di luoghi esotici, fuori portata. Vi do un compito per casa: chiudete gli occhi e immaginate un qualcosa di naturale, una siepe di rovi, la riva di un canaletto di scolo, un pontile, un semplice prato, una qualunque cosa che però non vedete quotidianamente. Poi guardatene uno vero, e fate il confronto con quello che avete immaginato.
A questo punto si va a creare la superfice del terreno. La mia ricetta consiste un mix di acqua, colla vinilica e fondi di caffè. Mix che ho battezzato "cappuccino".
Mescolando i fondi di caffè per poco tempo e con poca colla ben diluita, si ottiene un terreno dalla grana più grossa, aggiungendo più colla la superfice apparirà più liscia. In caso di terreni non molto coperti da vegetazione, alternare zone a diversa granulometria, aumenta il realismo. Scrivendo queste righe mi è venuto in mente che nessun modellista ha mai riprodotto le piccole cunette create dalle talpe sui prati!!! Altro pregio del "cappuccino" è che, qual’ora lavoriate a tarda notte, contribuisce col suo aroma a tenervi svegli. Sarebbe imbarazzante trovarsi ad andare a lavorare con una cornice incollata sulla faccia, dopo che siete caduti vittime di un colpo di sonno. Nel caso del Tigre, per variare l’aspetto ho cosparso della sabbia, sul cappuccino ancora fresco, e dei sassolini, dopo averli messo una gocciolina di colla vinilica sul fondo. Come dicevo, i sassi e meglio metterli sul cappuccino fresco, onde farli affondare leggermente, e farli sembrare parte del terreno, non sospesi. In questa fase bisogna far attenzione a non riempire le impronte dei cingoli dove andrà posato il carro.
A questo punto siamo pronti per la colorazione. Contrariamente a quanto faccio per i modelli, nel caso del terreno parto dal colore più scuro, con un bel fondo nero, per far rimanere delle ombre negli anfratti. Generalmente uso i Tamiya acrilici. Senza tante parole, sotto foto dei passaggi che seguono il nero.
Stradina troppo chiara, meglio ritoccare con una tinta un pelo più scura. In generale è sempre meglio dare delle velature finali con i vari colori usati, per amalgamare le tinte e ammorbidire gli stacchi netti. Non serve lavorare con grande cura, se poi l’erba coprirà gran parte del lavoro fatto. Notate come nella parte bassa, dove il terreno è più bagnato, ho fatto trasparire il nero.
A questo punto si possono colorare i sassi, pennello e smalti Humbrol. Meglio diluirli bene, in modo da non coprire completamente il colore della terra, in natura difficilmente i sassi sono puliti. Non ho preso foto di questa fase, ma potremo comunque vedere l’effetto in quelle del diorama finito. Se vi vengono troppo uniformi, o staccano troppo dal terreno, si potrà sempre procedere con un lavaggio a olio.
Per posare l’erba si picchietta della colla vinilica sul terreno, e si facadere l’erbetta, io uso quella della Noch, meglio se du due o tre colori diversi. Si procede per piccole zone, con calma, e se no si è soddisfatti del risultato si aggiunge altra erba.
Io poso anche dei minuscli cespuglietti, sembrano dei batuffolini di cotone, anch’essi di due colori diversi, ma in foto si notano appena.
I rametti arancioni sono Zekum, una piantina secca, utilizzata nei diorami per ferromodellismo, simile a quelle utilizzate per fare gli alberelli, le canne che emergono dall’acqua sono... peli del mio pennello da barba. Dovrò postare un nuovo ritratto per rendermi riconoscibile anche con la barba lunga.
Per fissare i rametti e le canne, si fa un buchetto con una punta di metallo qualsiasi e ci si infila la piantina dopo averla intinta, alla base, nella colla vinilica.
A questo punto rimane da descrivere solo come ho fatto gli alberi. Credo di averlo già descritto nell’articolo su "Lost in Vietnam". Facciamo comunque un ripasso per i ripetenti. Si parte dai soliti rametti di Zekum che avete visto già posati per prova sulla basetta. Basta una bacinella di plastica, un vecchio pennello, della colla vinilica, e le foglioline della Noch, anche qui meglio variare le tinte. Si bagna rametto dopo rametto con la colla vinilica diluita in acqua, e si fanno cadere le foglioline come quando si condisce l’insalata col sale, se ci riuscite provate a far cadere quelle chiare da sotto, quelle scure da sopra, e a usare diversi mix delle due sui diversi rametti.
Anche qua si può procedere per gradi, aggiungendo strati su strati si arrivano a riprodurre chiome molto folte.
Per finire l’acqua del canaletto, basta un po’ di resina bicomponente, io uso la Prochima, ma in commercio si trovano anche prodotti più semplici da usare, si mescola qualche goccia di colori Humbrol dalle tinte fangose.
Fondamentale è avere la resina, e non accorgersi al momento che serve che è finita!!!
Comprarsene un barattolone da ½ chilo, piuttosto costoso, per fare pochi centimetri di canaletto di scolo, mi sembrava eccessivo. Ho rimediato con mille strati di cera Future. Peccato che quando asciuga perde quasi tutto il volume. Non tutte le ciambelle riescono col buco.
L’esecuzione di quanto descritto e semplice, pochi buoni prodotti, ma soprattutto l’osservazione della natura che vi circonda, o alcune sue foto e un po’ di fantasia, sono gli ingredienti di base.
Non mi resta che augurarvi buon divertimento...