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Con la fine della resistenza dell’Amba Alagi (17 maggio 1941) e di Gondar (27 novembre 1941) cessava, di fatto, l’Africa Orientale Italiana, parte fondamentale di quel sogno coloniale un po’ fuori dai tempi che aveva attraversato l’Italia fra gli ultimi decenni dell’800 e la metà del ‘900.
In questa storia lunga circa 70 anni, piena di anacronismi e di pagine sanguinose poco lusinghiere, sono stati protagonisti anche italiani e africani dall’animo grande e coraggioso, forse poco conosciuto.
Sicuramente Amedeo Guillet, un uomo decisamente fuori dal comune quanto naturalmente a suo agio con qualsiasi abitante e contesto del Corno d’Africa.
E anche Beraki Gebresellasiè, noto fra le truppe italiane e fra gli amici con il diminutivo di Beraki Gebre, Sciumbasci capo degli Zaptiè, nato ad Adinebri, nell’attuale Etiopia il 15 aprile 1914.
Attualmente vive a Roma, presso la Residenza Parco di Veio (Via Rocco Santoliquido), alla Giustiniana, lungo la Via Cassia.
Combattente per l’Italia, eroe a Culquaber e a Gondar.
Beraki Gebresellasiè, sciumbasci capo degli Zaptiè
Gli Zaptiè.
Erano gli appartenenti all’Arma dei Carabinieri reclutati fra i locali in Eritrea, Somalia, Libia fra il 1888 e il 1942.
Il termine deriva dal turco zaptyie che indicava la polizia a cavallo reclutata a Cipro, allora sotto il dominio britannico. I primi Zaptié vennero reclutati in Eritrea, per aumentare l’organico della Compagnia Carabinieri d’Africa, composta dai Carabinieri italiani presenti a Massaua, nel piccolo corpo di spedizione, a partire dal 1885. Inizialmente l’unico grado previsto tra le loro file era quello di bulucbasci, ma successivamente, con l’aumentare del loro organico, furono previsti anche il muntaz e lo sciumbasci, il grado più alto previsto per le truppe indigene, corrispondente a quello di maresciallo. Le uniformi potevano variare nelle diverse colonie, ma generalmente comprendevano fez e fusciacca rossi e divise bianche o kaki.
Gli Zaptié parteciparono alle varie operazioni di guerra nell’Africa orientale e in Libia. Il Corpo degli Zaptié della Somalia italiana era uno dei più numerosi, con ben 1.500 effettivi somali e 72 ufficiali italiani. Dal 1927 costituiva la guardia personale del Governatore della Somalia oltre a svolgere le funzioni di polizia territoriale.
Gli Zaptié si distinsero durante la guerra Italo-Etiopica (1935-1936) e nella conquista della Somalia britannica(1940). Furono tra gli ultimi ad arrendersi nel 1941 alle soverchianti forze britanniche nella battaglia di Culquaber, dopo strenua e coraggiosa lotta difendendo l’Africa Orientale Italiana.
Unatù Endisciau,muntaz del LXXII battaglione Zaptié (I Gruppo Carabinieri), fu il secondo soldato italiano di colore a ricevere la medaglia d’oro al valor militare alla memoria. L’altro decorato, nel 1941, fu Mohammed Ibrahim Farag, bulucbasci di coperta della Marina Militare, che – naufrago dopo l’affondamento del suo cacciatorpediniere – lasciò la lancia di salvataggio ad alcuni suoi camerati feriti e molto provati, allontanandosi a nuoto verso sicura morte.
Lo Sciumbasci.
Lo sciumbasci (o scium-basci o sciumbascì) (dal tigrino “investito del potere”) era un grado militare delle Truppe coloniali italiane, corrispondente al grado di maresciallo del Regio Esercito metropolitano.
Lo sciumbasci era il più alto grado raggiungibile dagli ascari eritrei, libici, somali e abissini del Regio Esercito ed era posto sotto il tenente (grado precluso alle truppe coloniali) e sopra il bulucbasci.
Lo sciumbasci veniva assegnato ad ogni mezza-compagnia coloniale o buluc ed era addestrato per poterla comandare come fosse un ufficiale, in caso di necessità. Inoltre requisito essenziale per essere ammesso al grado di sciumbasci era la conoscenza della lingua italiana.
Svolgeva le funzioni di furiere del suo reparto, ossia alle distribuzioni di materiali e del cibo, ai prelevamenti, ai turni, ai servizi, inoltre aveva incarico di occuparsi dell’istruzione delle reclute, dell’igiene, della pulizia e dell’ordine della truppa. Svolgeva anche la mansione d’interprete fra gli ufficiali italiani e la truppa coloniale, qualora questa non parlasse la lingua, ed era considerato il primo collaboratore degli ufficiali. Il distintivo di grado dello sciumbasci consisteva da tre galloni di tessuto di lana rossa, a forma di angolo, uno sotto l’altro, con la punta rivolta verso la spalla, con sopra panno nero a triangolo. Inoltre lo sciumbasci portava sul tarbush tre stellette disposte a triangolo equilatero, con la base parallela all’orlo inferiore del medesimo copricapo.
Lo sciumbasci degli Zaptiè in grande uniforme indossava penne di struzzo bianche sul copricapo.
Sul distintivo erano posti anche i contrassegni di anzianità e di merito (la corona dei Savoia) come distintivo di promozione per merito di guerra, nonché il fregio di specialità (mitragliere, mitragliere scelto, musicante, trombettiere, tamburino, sellaio, maniscalco, bracciale internazionale) e il distintivo della ferita in guerra.
In quanto sottufficiale, lo sciumbasci poteva essere armato anche di pistola e di sciabola, oltre che dell’armamento d’ordinanza. Al contrario, lo sciumbasci non usava la baionetta sul proprio fucile d’ordinanza. Inoltre lo sciumbasci poteva portare i gambali in ruolo delle fasce mollettiere, riservate alla truppa, anche se sovente sia gli uni che le altre erano indossate sui piedi scalzi, secondo l’uso coloniale. L’uso degli stivaletti di cuoio era infatti facoltativo.
Allo sciumbasci era era consentito indossare fuori servizio una mantellina nera (di propria proprietà). Lo sciumbasci portava come simbolo d’autorità il curbasc, un frustino di pelle d’ippopotamo, col quale applicava anche le sanzioni amministrative fisiche alla truppa. Nel 1936 venne anche creato il grado di sciumbasci capo, equivalente a luogotenente o aiutante.
Beraki Gebresellasiè, sciumbasci capo degli Zaptiè
Il “soldatino”.
Il figurino rappresenta uno sciumbasci capo degli Zaptiè, nel 1936, nel periodo della conquista dell’Abissinia e la proclamazione dell’Impero... proprio Beraki Gebresellasiè.
Beraki Gebresellasiè, sciumbasci capo degli Zaptiè