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All'inizio della guerra civile americana, le rispettive Marine militari volsero l’attenzione verso un singolare progetto che, grazie all’inventiva di pochi, iniziava a svilupparsi: la realizzazione, per giunta a basso costo di costruzione, di un battello che navigando sott’acqua costituisse una nuova formidabile arma offensiva.
Per i Confederati era un mezzo per rompere il blocco navale dell'Unione, mentre per i Federali un modo di distruggere le difese poste sott’acqua, costituite da ostruzioni e da mine, che proteggevano i canali d’accesso ai porti in mano ai Sudisti, verso i quali affluivano vitali rifornimenti soprattutto dall’Europa.
Progettato da un immigrato francese Brutus de Villeroy e costruito in un cantiere di Philadelphia nel 1861, l’Alligator fu il primo sommergibile della Marina nordista e curiosamente deve il suo nome ad un reporter di un giornale che, assistendo al varo nel maggio del 1862, aveva paragonato il suo avanzamento sotto il pelo dell’acqua, con lo scafo dipinto di color verde scuro e spinto da una serie di pale laterali, a quello minaccioso di un alligatore e anche se non ci fu alcuna cerimonia ufficiale di riconoscimento, la Marina accettò questo nome.
Copia disegni progettuali originali
Costruito con pannelli di ferro imbullonati su un’apposta struttura metallica, aveva una forma a sigaro rastremato alle estremità, con sezione ovoidale.
Superiormente sul davanti emergeva una cupoletta provvista di oblò sui quattro lati, che fungeva sia da sportello d’accesso che da postazione per la guida e l’osservazione, mentre sui lati dello scafo, oltre ai due parabordi metallici a protezione delle sottostanti pale, vi erano inseriti a correre numerosi altri oblò per dare un minimo di illuminazione naturale all’interno.
Lungo 14 m, largo 1,30 m, alto 1,80 m e con una stazza di 275 t in superficie - 350 t in immersione, aveva un equipaggio max di 21 uomini, di cui 18 equamente suddivisi in fila su entrambi i lati e seduti su altrettante panchette che manovravano a mano le corrispondenti pale esterne a mo’ di remi, 1 ufficiale al comando e 1 o 2 operatori subacquei.
Successivamente, verso la fine del 1862 a seguito di alcuni test approfonditi, il sistema di propulsione fu così modificato: furono eliminati i remi e venne istallata a poppa un’elica quadripala, direttamente manovrata lungo l’asse all’interno dello scafo da soli 8 uomini e ciò valse, oltre a una decisa migliore manovrabilità, anche al raddoppio della velocità da due a quattro nodi.
All’estremità di prua era posto un puntale acuminato tronco conico girevole che, messo in azione da un volantino all’interno, poteva perforare e danneggiare lo scafo in legno di una nave unionista, chiaramente ferma alla fonda.
Sempre a prua, era ricavato un piccolo vano di compensazione dove un operatore subacqueo poteva uscire sul fondo marino tramite uno sportello a tenuta stagna posto sul lato inferiore.
Quest’ultimo, indossando idonei indumenti impermeabili e munito di un casco al quale era direttamente innestato un tubo per il rifornimento d’aria, aveva il compito di minare alla base le suddette ostruzioni o le mine ad ancoramento con apposite cariche esplosive, che poi venivano fatte detonare a distanza mediante un collegamento elettrico quando il sommergibile stesso era a distanza di sicurezza.
Per stabilizzare il sommergibile mentre operava sul fondo marino, fuoriuscivano superiormente da due tubi verticali interni, posti verso le estremità del sommergibile, delle boe cilindriche trattenute da catene e manovrate da appositi volantini.
Ricostruzione in 3D
Analogamente, da altri tre tubi verticali (due affiancati ai predetti e uno in posizione centrale) potevano venir sganciati verso il fondo dei pesi sia per “ormeggiare” sott’acqua a mo’ di ancora il battello stesso, sia come zavorra da scaricare in caso di emergenza.
Per le operazioni di immersione ed emersione due pompe potevano aspirare o espellere l’acqua da un apposito compartimento inferiore che si sviluppava per l’intera lunghezza dello scafo.
Una delle caratteristiche che hanno reso unico questo battello era il fatto che impiegava un sistema di depurazione dell’anidride carbonica che si formava all’interno; infatti, un tubo (snorkel) che emergeva esternamente fuori dall’acqua per la ripresa dell’aria era collegato internamente ad una apposita apparecchiatura contenente delle sostanze chimiche atte a rinnovare l’aria stessa.
Come prima missione l’Alligator fu inviato a Hampton Roads in Virginia con l’obiettivo di distruggere un ponte ferroviario che attraversava l’Appomattox River, per tagliare così una importante e vitale linea di rifornimento alla città di Richmond e poi eliminare delle mine subacquee nel James River.
Purtroppo la missione fu annullata per la scarsa profondità del fiume in quel tratto, che lo avrebbe reso visibile alle forze nemiche con la certezza di essere facilmente individuato, distrutto o catturato.
Mappa della 1ª missione
Mappa della 2ª missione
All'inizio della primavera del 1863, gli fu assegnata una nuova missione per eliminare gli ostacoli sott’acqua presenti in un canale navigabile del porto di Charleston, per permettere così ad una flottiglia di navi corazzate di penetrarvi, bombardare pesantemente le difese costiere e prendere la città.
Sfortunatamente, mentre era in viaggio verso l’obiettivo trainato dalla nave USS Sumpter, incorse in una violentissima tempesta che causando la rottura di diversi oblò e l’allentamento di alcune piastre di ferro del rivestimento, ne provocò presso Cape Hatteras il definitivo affondamento.
Per la cronaca, tre giorni più tardi le forze navali dell’Unione attaccarono lo stesso e fu un clamoroso fallimento.
In questi ultimi anni, a più riprese, un pool di ricercatori della NOAA (National Oceanic Atmospheric Administration) in unione alla NMLHA (Navy Marine Living History Association) stanno effettuando ricerche per rintracciare e successivamente recuperare il relitto, analogamente come è stato fatto nel 2000 per il sommergibile sudista CSS Hunley.
Ma il ritrovamento più grande finora è stato il recupero della serie completa dei piani originali disegnata da Brutus de Villeroy e da lui inviata a casa sua in Francia nel 1863.
Il modello scala 1:72
Dopo aver realizzato i tre modellini delle forze sudiste (Hunley, Tennessee e David) mi sono dedicato ora alla Marina nordista, assemblando questo altrettanto singolare sommergibile.
Il kit interamente in resina di color bianco è sempre della statunitense Cottage Industry Models e al riguardo non ho incontrato particolari difficoltà a realizzarlo, vuoi per le dimensioni contenute che per la semplicità di montaggio dei vari componenti.
La scatola presenta due versioni: quella iniziale con scafo munito di pale a remi e l’altra successiva con la propulsione ad elica; ho preferito realizzare la prima, più intrigante e originale, destinando così l’elica con il relativo timone a pezzi di relitto sparsi sul fondo.
Infatti, il figurino subacqueo in dotazione mi ha suggerito l’idea di creare una piccola ambientazione marina, con relativo fondale, inserendo altresì un paio di mine ad ancoraggio che, come detto in precedenza, avevano lo scopo di difesa passiva a protezione dei canali d’accesso al porto o lungo i fiumi.
Documentandomi nel web ho trovato le immagini di una discreta varietà di mine subacquee artigianali realizzate dai Confederati.
Potevano essere di due tipi: galleggianti o subacquee ad ancoraggio ed entrambe potevano detonare a contatto o a esplosione controllata elettricamente, cioè venivano fatte saltare a vista solo quando il bersaglio si trovava nelle vicinanze.
Venivano assemblate utilizzando un normale barile, ne spalmavano le pareti con pece, catrame o resina per impermeabilizzarlo e secondo l’impiego inserivano all’esterno uno o più percussioni fusibili per l’innesco della polvere nera che era contenuta all’interno.
Per il galleggiamento sott’acqua, nonché per la stabilità in presenza di correnti e maree, venivano applicati ai lati dei coni in legno di pino e ancorate al fondale con una catena legata ad un peso.
Questi ordigni esplosivi possono sembrare improvvisati, ma hanno giocato un ruolo prominente nella guerra civile; infatti, distribuiti in gran numero in località lungo la costa atlantica e lungo i fiumi, compresi quelli nel bacino del Mississippi, provocarono l’affondamento nel corso dell’intero conflitto di ben 58 navi unioniste.
Dopo aver verniciato a pennello il sommergibile usando acrilici Tamiya, vetrato gli oblò con il liquido Synthaglass della Toffano e dato un lieve lavaggio seguito da una leggera usura, mi sono dedicato all’ambientazione... "made in me".
Per realizzare il fondale ho steso su di una tavoletta in MD da 30x12x2 cm del DAS, modellandolo opportunamente e dandogli un effetto fangoso/sabbioso, a cui ho aggiunto un leggero mix naturale di provenienza marina, vari detriti/rottami e completandolo con una mano di liquido Toffano per dare l’effetto bagnato.
Per le mine ho usato materiale di modellismo navale: ho preventivamente svuotato l’interno dei due barili con un lavoro di fresatura, al fine di alleggerire ulteriormente il loro peso gravante sulla sottostante catena che, per renderla rigida verticalmente, ho cosparso con la Loctite, risultata la più efficace rispetto ad altri collanti.
Ho poi applicato i relativi contatti sfruttando una stampata in resina di un altro modellino, residuo che avevo già in archivio, adattandoli al nuovo ruolo e a completamento ho incollato lateralmente i rispettivi coni, precedentemente lavorati e ricavati da un blocchetto di materiale da imballaggio.
Ho sostituito le due boe cilindriche, nel kit previste in piombo e da alloggiare direttamente nello scafo, con due cilindretti in plastica dello stesso diametro che proteggevano le punte di altrettanti pennelli.
Tagliati nella stessa misura, ne ho chiuso l’estremità inferiore con un dischetto forato centralmente in modo da infilarvi la catena, trattata anch’essa con la Loctite e arrotondato l’estremità superiore con una cupoletta sempre di materiale da imballaggio.
Per un maggior realismo ho appeso nella parte inferiore dello scafo due pesi zavorra, non previsti nel kit e ricavati dalla mia scorta e per ultimo ho posizionato il figurino subacqueo con il relativo tubo dell’aria inserito nel casco, alla sommità del quale ho anche applicato una maniglia per il relativo sollevamento e trasporto come notato in alcune immagini d’epoca.
E dopo aver incollato alla base una lastrina in ottone da 13x2 cm con inciso da un lato il nominativo e dall’altro l’immagine tratta dal web della bandiera della Marina federale vigente in quell’anno, ho posto il tutto al riparo di una teca in metacrilato della Essebiemme.
Ricostruzione pittorica
Dopo le traversie del Piaggio P.108A, realizzare e raccontare questo piccolo spaccato di Storia è stato molto gratificante, soprattutto per essere riuscito a rappresentare un episodio e un mezzo della Civil War poco conosciuti.